La testimonianza fornita dall’ex collega e amico di Umberto Paolillo, l’agente penitenziario che si è tolto la vita nella notte tra il 17 e il 18 febbraio dello scorso anno, ha scosso tutti, in particolare mamma Rosanna. Siamo andati a trovarla.
“Lui amava la sua divisa – esordisce in lacrime -. Non ho parole per quello che è successo, non pensavo ci fosse gente così cattiva. Non ce la faccio più, mi hanno rovinato la vecchiaia. Ce l’hanno tolta. Era l’unico, avevo già perso un figlio, avevo riposto in lui tutte le speranze. Non lo dovevano fare”.
“Sono rimasta terrorizzata, siamo a disposizione di questo ragazzo anche con i nostri legali. Lo voglio abbracciare, quello che ha fatto questo ragazzo non lo avrebbe fatto nessuno. Gli voleva bene davvero, sono contento che aveva un amico. Umberto non dava fastidio a nessuno. L’hanno ucciso per la terza volta – continua mamma Rossana -. Ho 101 rapporti che venivano fatti per qualunque cosa che faceva. Nel carcere dovresti essere protetto, invece mio figlio è stato ucciso per quell’ambiente. Umberto era impaurito, non aveva più fiducia di nessuno. Quelle persone devono sparire, da Roma devono interessarsi di questa situazione. È morta una persona e bisogna far emergere la verità”.
“Se si ribellavano era peggio, nel carcere di Turi c’è la dittatura – conclude -. Mio figlio non era scemo. Mi chiedo come possa essere gestito un carcere così, deve essere chiuso. Costi quel che costi, perché ammazza solo la gente”.