“Non possono essere lasciati in balia degli eventi i lavoratori di Ferramenta Pugliese srl solo per il fatto che si tratta di una piccola azienda. Noi ci stiamo battendo da anni per salvaguardare non solo i posti di lavoro, ma anche la tutela dell’ambiente. Sembra che a nessuno interessi quello che accade nel sito di Terlizzi”. Il Segretario della Fiom Cgil Bari, Vito Piazza, non usa mezzi termini all’indomani dell’incontro con la Task Force regionale che ha prodotto l’ennesimo nulla di fatto facendo infuriare il sindacato.
A giugno dello scorso anno è stato siglato l’accordo tra Ferramenta Pugliese srl e la società Erre Trading che prevedeva l’affitto di ramo d’azienda da parte della società in liquidazione. Questo accordo ha previsto anche il relativo passaggio dei dieci attuali lavoratori (che inizialmente erano circa 30) alle dipendenze della nuova società.
“Ora veniamo a sapere – tuona Vito Piazza – che a causa di un ritardo di cui la società non si intesta la responsabilità ma la scarica sulle banche, il concordato rischia di saltare. L’avvocato della Erre Trading spiega in una nota che tecnicamente non è stato possibile rispettare il termine perentorio assegnato dal tribunale per il deposito della cauzione nella misura stabilita nel decreto di ammissione, poiché sul territorio pugliese non si è ottenuta disponibilità da parte delle banche all’apertura di un conto corrente in favore della società in concordato. Quindi – ribadisce il Segretario della Fiom Cgil Bari – si corre il rischio di perdere l’occasione di reindustrializzare il sito salvaguardando i lavoratori senza stipendio da otto mesi e impedendo a nuovi di poter essere assunti dalla società Erre Trading che avrebbe bisogno come ha più volte annunciato di circa un centinaio di nuovi posti di lavoro”.
“A ciò si aggiunga – spiega Paolo Villasmunta, Segretario della Cgil di Bari – anche il rischio ambientale dato che bisognerebbe sopraelevare la discarica con una certa velocità perché il materiale “car Flat” giace ancora sul piazzale dello stabilimento e senza un’autorizzazione specifica non può essere smaltito e di conseguenza il progetto di rilancio industriale non può essere avviato. Una bomba ecologica dunque, dovuta al materiale da mesi esposto a cielo aperto nel sito dell’azienda che andrebbe urgentemente messo in sicurezza perché altamente inquinante e infiammabile”.
“Attendiamo un interessamento celere sulla vicenda – concludono Piazza e Villasmunta – augurandoci che ogni decisione venga assunta tenendo conto di tutti gli ambiti in questione: economico, produttivo, occupazionale e non ultimo di sostenibilità ambientale”.