A distanza di 5 anni dalla morte della 12enne Zaray Tatiana Coratella Gadaleta, il gip Maria Teresa Romita ha accolto l’opposizione del padre alla richiesta di archiviazione dell’indagine per falsità materiale in atto pubblico. La piccola morì il 19 settembre 2017 per una ipertermia maligna durante un intervento di riduzione di una frattura al femore all’ospedale pediatrico Giovanni XXIII di Bari.
Disposta dunque una nuova indagine, parallela all’inchiesta di omicidio colposo, per comprovare i dati della cartella clinica “con particolare riferimento all’orario di somministrazione del farmaco salvavita Dantrium” che, se somministrato nei tempi previsti, avrebbe potuto salvare la vita della dodicenne secondo i consulenti.
Le versione dei medici presenti in sala operatoria sono discordanti, nel giugno del 2020 si arrivò ad una richiesta di archiviazione perché non erano emersi elementi utili per “l’identificazione dei responsabili” a sostegno della tesi accusatoria. Ne è seguita l’opposizione alla richiesta di archiviazione nella quale il padre di Zaray chiede “la formulazione del capo di imputazione e l’espletamento di ulteriori indagini”.
Il gip ha escluso che il farmaco salvavita fosse “assente all’interno dalla farmacia dell’ospedaletto, tanto da richiedere un urgente approvvigionamento dalla farmacia del Policlinico”, le indagini hanno appurato che il Dantrium “era presente nella farmacia dell’ospedaletto e quindi trasferito” al Servizio di Anestesia Pediatrica nel giorno in cui è morta Zaray.
“Il farmaco benché presente in farmacia non era immediatamente disponibile né in sala operatoria né in terapia intensiva, così come, al contrario, sostenuto dal dottor Milella. A confermarlo vi sono le dichiarazioni di una testimone la quale ha rivelato che il farmaco non era presente – sottolinea il gip -. In secondo luogo non appare attendibile quanto scritto in cartella clinica dal dottor Milella, ovvero che il Dantrium, proprio in virtù dell’immediata disponibilità sarebbe stato somministrato già alle 11.30. A confutare tale circostanza vi sarebbero le dichiarazioni della specializzanda e la stessa consulenza tecnica del pm secondo cui il farmaco sarebbe stato inequivocabilmente somministrato solo alle ore 13, dopo che alle 12.15 era stata correttamente diagnosticata l’ipertermia maligna. Le attestazioni rese da pubblico ufficiale mediante annotazione su cartella clinica debbono rispondere ai criteri di veridicità”.