“Chiediamo alle Istituzioni rispetto per mio figlio”. A parlare è Gianni D’Accolti, papà di Davide, giovane studente di Ingegneria e del Conservatorio morto a 23 anni la notte del 21 febbraio 2016 mentre tornava a casa con la sua utilitaria.
Davide stava rientrando a Conversano dopo aver accompagnato a Bari la sua amica Cristina. Avevano passato tutta la notte insieme al piano alla vigilia del debutto di lei al teatro Petruzzelli.
Fatale lo schianto contro un’auto che viaggiava contromano sulla statale 16, alle porte di Bari. Alla guida della vettura un 30enne che aveva assunto alcool e droga, sopravvissuto all’impatto. “Mio figlio non ce l’ha fatta, con la sua scomparsa è morta anche una parte della nostra famiglia”, ricorda in lacrime.
“Due reati su tre sono stati prescritti, al 30enne è stata anche una data seconda possibilità e da un lato sono anche contento – continua -. I suoi genitori possono passare le feste abbracciandolo, ma è inaccettabile che un giudice di primo grado, nell’indifferenza anche degli organi di autotutela della magistratura, possa sbagliare una sentenza sull’abc. Le attenuanti e le aggravanti non possono essere pari nei casi di incidenti stradali commessi sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, questo si applica solo in un caso, che era il nostro, me ne accorsi io qualche ora prima che scadesse il termine”.
Con il ricorso in appello è stato riconosciuto l’errore del giudice di primo grado. “Ci sono questi giudici che davanti alla morte di un giovane ragazzo possono permettersi questo lassismo, questa è la cosa che mi ha più ferito e indignato – conclude -. Non si può fare il giudice così, bisogna rendersi conto che non si può fare questo mestiere se non riesce ad entrare nel mondo della compassione. L’errore è molto elementare e offende”.