Nel decidere il trasferimento di un militare all’estero per una missione, «l’amministrazione militare deve attenersi a quelli che sono i principi della ‘democrazia amministrativa’ e, dunque, bilanciare le esigenze di servizio quantomeno con i contrapposti interessi e diritti costituzionalmente riconosciuti al cittadino».
Lo scrive il Tar Puglia accogliendo il ricorso di un sottufficiale dell’Esercito in servizio ad Altamura (Bari), che un anno fa aveva impugnato la decisione del suo comandante di mandarlo in missione in Mali, nell’ambito della ‘Task Force Takuba’, da maggio 2021.
In particolare il militare, «padre di due minori frequentanti la scuola dell’infanzia» che, per le norme Covid, svolgevano all’epoca attività didattica a distanza, aveva la necessità di occuparsi dei figli, anche perché la moglie aveva da poco cominciato un tirocinio in Tribunale come magistrato ordinario e “non poteva al momento fruire di permessi o congedi parentali». Già a giugno 2021 il Tar aveva accolto l’istanza cautelare con sospensione del provvedimento di trasferimento, ora definitivamente annullato.
I giudici, pronunciandosi nel merito, ritengono che il comportamento dell’amministrazione militare, che prima non ha motivato il diniego e poi non ha riesaminato la questione come chiesto dal Tar, «non rientra nel quadro della violazione di legge, ma sembra atteggiarsi – si legge nella sentenza – come una figura sintomatica di eccesso di potere». Inoltre “l’amministrazione militare avrebbe dovuto bilanciare le esigenze di servizio» con «diritti costituzionalmente garantiti, quali il diritto di educare e istruire la prole, il diritto all’istruzione, il generale principio di tutela della famiglia oltre i valori riconosciuti dal diritto internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza». Per questi motivi il Tar, oltre ad annullare il trasferimento del militare, ha anche condannato il Ministero della Difesa al pagamento delle spese.