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Bari, rissa sfiorata tra personale del Pronto Soccorso e 118: le carte segrete di Dibello e la denuncia di Papappicco (FSI)

25 Aprile 2022
– Autore: Antonio Loconte
25 Aprile 2022
– Autore: Antonio Loconte

A leggere l’ultima durissima denuncia di Francesco Papappicco, medico del 118 e sindacalista FSI, sembra proprio che siamo arrivati alla resa dei conti nel sistema di emergenza-urgenza. Un sistema che ha più volte evidenziato preoccupanti lacune. L’ultimo episodio risale al 16 aprile scorso e ha come teatro il Pronto soccorso di un ospedale del Barese. “Chiamati su un codice rosso per dispnea in paziente tracheostomizzato – scrive il medico – lo curiamo, stabilizziamo a 96 per cento SpO2 e trasportiamo in ospedale per ulteriori accertamenti e controlli”.

Inizia l’attesa, come ormai succede un po’ ovunque. “I primi 10 minuti passano prima che l’incaricato si degni di affacciarsi in ambulanza a effettuare il tampone di rito – si legge -, quindi altri 20 minuti passano prima di avere l’esito”. Nel frattempo, a quanto pare, l’accettazione è “vietata”. Risultato negativo. Il racconto entra nel vivo e testimonia il rapporto sempre più teso tra operatori del 118 e personale dei Pronto Soccorso. “Adesso andate fuori e aspettate il vostro turno – sono questi gli ordini perentori dati dall’incaricato -. Il principiante imberbe non immagina in che guaio sta per cacciarsi. Dico agli equipaggi India e automedica di non schiodarsi. Faccio un sopralluogo nel corridoio del non troppo ‘Pronto’ Soccorso e verifico lo stato dei fatti e dei luoghi (ambienti di triage e camere di osservazione libere). Dispongo che si faccia entrare il paziente in barella e lo si metta in camera. Pretendo legittimamente che venga effettuato triage e accettazione. L’operatore replica con fare perentorio di uscire nuovamente perché non c’è ossigeno e non sa dove mettere il paziente”.

La situazione è tesa. “Seppur intimorito e tremante di paura – scrive Papappicco – gli consiglio di triagiare e provvedere all’accettazione per evitare di essere denunciato come previsto dall’ex art. 328 c.p.”. In altre parole: il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni. A quel punto i due arrivano quasi allo scontro fisico. “Sono spaventato – tuona il medico del 118 – inizio a temere per la mia incolumità. Gli mostro tuttavia di aver già sbarellato il paziente in una delle camere del Pronto Soccorso, tutte, guarda caso, dotate di bocchette di ossigeno, seppure non ce ne fosse più bisogno. Obtorto collo l’incaricato prima rifiuta, poi si decide ad accettare il paziente senza neppure degnarlo della sua professionale valutazione, continuando a urlare e imprecare”.

A quelle fasi particolarmente concitate assistono anche i parenti dell’uomo.  “Ora viene la dottoressa e vi faccio vedere”, sembra abbia detto l’infermiere. “A quel punto entra in scena l’eroina – continua il sindacalista -. Mi chiede almeno un paio di volte chi fossi e chi mi avesse dato l’autorizzazione a entrare, salvo poi precisare che se me ne fossi andato avrei abbandonato il paziente da solo. A quel punto la collega chiama al telefono la Centrale del 118, ma avevo già documentato tutto e ragguagliato chiedendo l’intervento dei Carabinieri”. La situazione rischia di esplodere da un momento all’altro. “Giunto al limite della sovrumana sopportazione, lascio il personale del Pronto Soccorso, che nel frattempo mi dicono di fregarsene delle mie leggi – spiega Papappicco -, come se quelle leggi non fossero anche le loro”.

E qui entra in ballo un retroscena particolarmente inquietante. Nell’ultima riunione del Dipartimento di Emergenza-Urgenza della Regione Puglia ASL Bari del 28 marzo scorso, il direttore dei medici del Pronto Soccorso, che alla fine dei conti è lo stesso coordinatore del 118, ovvero anche lo stesso direttore del Pronto Soccorso dell’ospedale della Murgia, firma un verbale in cui tra le altre cose sancisce testualmente quanto previsto dalla legge. In poche parole: “…ribadisce che la barella del 118 non può e non deve essere utilizzata per la diagnostica e/o consulenze del paziente, puntualizzando che il paziente sottoposto a triage è in carico al Pronto Soccorso. Sarà compito del triagista in attesa della presa in carico da parte del medico di guardia, osservare e rivalutare il paziente nei modi e nei tempi indicati dalle L.G. del triage globale”. Conclude che per definizione: “…Il Set 118 è un servizio territoriale e, dopo aver assistito e triagiato, deve essere messo in condizioni di ritornare a essere operativo sul territorio”.

Secondo quanto leggiamo dalla denuncia di Papappicco e siamo riusciti a sapere da altre fonti, il documento protocollato sarebbe stato inviato solo ai vertici della ASL e ai componenti del comitato di Dipartimento. “Eppure, in data precedente e per anni abbiamo chiesto all’azienda di definire i termini della vexata quaestio – tuona il sindacalista -. Nessuno ha mai risposto agli operatori sanitari del 118 né ai sindacati di rappresentanza. È del tutto evidente che il dirigente in questione abbia esclusivamente rassicurato il Direttore Generale Antonio Sanguedolce,  esimendosi dal rendere note le disposizioni a tutti gli attori del territorio. È altresì chiaro che non ci va più di continuare a lavorare in questo barbaro modo. Oltre alle difficoltà estrinseche e intrinseche peculiari del fare 118, sobbarcarsi ogni giorno il teatrino di certi processi di ominazione regressiva, non fa che aumentare rischi di grave compromissione dei pazienti e di chi li soccorre. Non si conosce il motivo per cui il documento in questione non sia stato diramato alle postazioni 118 e nei Pronto Soccorso. Possiamo immaginare che a qualcuno non faccia comodo dato che vorrebbe significare fornire un ubi consistam giuridico ai 118isti. È possibile che qualche dirigente creda ancora di riproporsi come il meneur des foules contro il Quarto Stato ai tempi di Pellizza da Volpedo. Lo sbandierato stato di diritto non lascia spiragli al libero arbitrio di chi, proprio perché ricopre più incarichi di responsabilità, fa in modo che a forza di confondere nessuno sia più responsabile”.

L’attacco nei confronti di Antonio Dibello è totale. “Ci chiediamo che ruolo rivesta il Dipartimento di Emergenza-Urgenza, cosa o chi rappresenti concretamente, a chi e a cosa serva e quanto costi al contribuente, viepiù quando risulti inefficace ai banchi di prova e refrattario a istanze critiche o proposte migliorative – incalza ancora Papappicco -. Noi del 118, quelli che impattano ogni giorno con ‘la realtà effettuale della cosa’, non sappiamo che farcene di dirigenti alle Gengè di pirandelliana memoria, che all’occorrenza vestono i panni di Uno, Nessuno o Centomila e fanno dello scaricabarile arte di governo. Non si tratta qui di preoccuparsi del difetto di pendenza del proprio naso. Atti, verbali e disposizioni a tutela dei lavoratori non possono rimanere arcana imperii da far scontare sulla pelle di pazienti, medici, infermieri e soccorritori. Questo contribuisce in modo preponderante non solo a mettere in pericolo chi opera in emergenza-urgenza sul territorio, ma a consolidare atteggiamenti ostili al limite dello scontro fisico tra professionisti che dovrebbero lavorare ad un altro solo obiettivo, responsabilmente più alto e più degno dei galloni che ci si appunta sul bavero del camice e delle divise”.

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