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Appaltopoli Polignano, l’accusa del giornalista: “Ricatti e minacce tutti i giorni perché dicevo la verità”

27 Aprile 2022
– Autore: Raffaele Caruso
27 Aprile 2022
– Autore: Raffaele Caruso

“Adesso parlo io e vi svelo tutte le angherie e minacce che ho subito. E lancio un appello a Istituzioni sane e Magistratura: indagate fino in fondo e tutto! C’è anche un rapporto della Direzione Investigativa Antimafia che andrebbe preso sul serio!”.

Inizia così il post di sfogo di Nicola Teofilo, giornalista barese che si è occupato per anni del “sistema Polignano”, salito agli onori della cronaca dopo il blitz di qualche giorno fa che ha portato all’arresto anche dell’ex primo cittadino Domenico Vitto.

“Sono stato direttore del giornale LA VOCE DEL PAESE dal 2007 al 2018 e ho visto e raccontato cose che voi umani.. (Cit.). Cominciamo dal principio. Il sistema Polignano è semplicissimo. È fondato su tangenti e favoritismi. L’anello di congiunzione è nel sodalizio tra politici, imprenditori locali e dirigenti e funzionari degli uffici pubblici – si legge nel post -. In un paese dove lo sviluppo turistico è diventato appetibile per affaristi, politici e dipendenti pubblici, a un certo punto abbiamo rischiato una guerra civile tra chi non poteva permettersi l’affitto di una abitazione e gli affaristi del mattone. Lo ricordo bene. Ricordo che il mio giornale entrava per la prima volta nelle edicole locali denunciando un sistema di fondi neri e tangenti che alcune famiglie sborsavano per acquistare un appartamento nella nascente zona C2. Non potevano permettersi una abitazione e per forza di cose si doveva sottostare ai ricatti di chi metteva in tasca soldi in nero. Poi sono state approvate lottizzazioni abusive con tanto di canali fluviali e vincoli paesaggistici coperti dai magheggi dell’ufficio tecnico. Dove eravate quando io e il mio collega Fabio D’Aprile denunciavamo la gestione mafiosa della discarica Martucci, con tanto di percolato inquinante riversato sui terreni e legami con esponenti della malavita barese?
Ora vi dico dove eravamo io e Fabio. Eravamo a guardarci le spalle tutti i giorni e a difenderci dalle minacce e dalle querele”.

“Con La Voce del Paese ho fatto la voce grossa. Un giornale che doveva essere il cane da guardia che vigila sul potere delle istituzioni, come amano dire gli inglesi – continua -. Peccato che a un certo punto le querele non erano più abbastanza. Così ci siamo ritrovati senza sponsor e pubblicità, l’ossigeno per la sopravvivenza di un giornale locale senza forza economica alla base. Il sistema è semplice. Il politico di turno minacciava l’imprenditore sponsor, spesso ristoratore, intimandolo a non acquistare più spazi pubblicitari sul mio giornale. Altrimenti sarebbero stati guai per lui. Controlli e minacce. O stavi con loro o eri contro di loro! E tutto questo accadeva mentre la mia vita andava in pezzi e la mia unica preoccupazione era capire come pagare gli articoli dei miei dipendenti giornalisti. Tutti si riempivano la bocca sul valore della libertà e dell’indipendenza d’informazione. Io dovevo difendermi dalle minacce, dagli sponsor che non rinnovavano i contratti pubblicitari e da una verità da proteggere il più possibile: la libertà di poter raccontare le malefatte del Palazzo. Per la verità mi son dovuto difendere anche dalle calunnie e dai commenti sprezzanti sul mio orientamento sessuale”.

“Così, un giorno ho sentito gli attuali rappresentanti politici che oggi sono ai domiciliari e che dai palchi promettevano un cambio di rotta. Puntavano il dito contro i prenditori, ossia gli imprenditori predoni. Ho davvero sperato in un cambiamento. Invece è stato peggio. Ricatti e minacce per ammorbidire la linea editoriale erano all’ordine del giorno – racconta Nicola -. Le ormai famose 627 pagine della Procura Della Repubblica Di Bari e della Guardia di Finanza sono solo la punta dell’iceberg di un sistema che regge su favori, corruzione, concessioni privatistiche e atti ad personam, tangenti e promesse. Com’è possibile che l’usciere telefonista di un ospedale, figlio dei privilegi della Prima Repubblica, abbia potuto acquisire tutto questo potere? Ricoprendo cariche di consigliere e assessore per oltre 40 ininterrotti anni, trattando gli uffici pubblici come fossero casa propria? Come ha potuto beneficiare di concessioni private abusive senza alcun ostacolo? Cosa ne pensa il suo mentore, parlamentare da una vita, Pino Pisicchio, che lo riceveva continuamente a casa sua a Bari? Come è possibile che un ex dipendente comunale sia potuto diventare in pochissimo tempo padrone assoluto di maglie edilizie (come la B4* che grida scandalo), affarista del mattone e determinante per la vittoria di questa o quell’altra coalizione politica? L’usciere, ossia il vicesindaco arrestato e ora ai domiciliari, è stato persino nella posizione di poter ricattare questo ex dipendente prestato alla ristorazione! Trovo che sia imbarazzante il silenzio di Michele Emiliano”.

“Ho letto persino un comunicato dell’ Anci Puglia che esprime solidarietà al suo presidente regionale. L’Anci è un ente pubblico che dovrebbe tutelarsi e tutelare noi cittadini, e non difendere indagati o arrestati – conclude -. Esponenti, come la vicecomandante della locale Polizia Municipale, che non hanno avuto nemmeno il coraggio di dimettersi e chiedere scusa alla Comunità. Qualcuno si domanderà perché parlo solo oggi. Io rispondo: cercate gli arretrati del mio giornale. Io ho fatto tutto il possibile. Ho donato la mia giovinezza per un sogno, per la verità, per la giustizia e la legalità. Provate voi a dirigere un giornale sotto costante minaccia e con un bilancio da far quadrare a fine mese. Chi doveva affiancarmi in questa battaglia mi ha abbandonato, lasciandomi perire nella malattia. Ma io oggi posso guardarmi davanti a tutti gli specchi del mondo. E non ho più paura di niente e nessuno”.