Il clima nei pronto soccorso baresi e più in generale tra medici ospedalieri e quelli a bordo delle ambulanze, è sempre più teso. La mancanza di una guida, di un nocchiere che sappia traghettare il Sistema di emergenza-urgenza soprattutto durante le tempeste, si fa sentire in modo sempre più evidente. In redazione continuano a giungere sfoghi amareggiati degli uni e degli altri. Ognuno rivendica attenzioni, gratificazioni e il rispetto di un lavoro massacrante, vilipeso senza pudore da indolenti dirigenti. Il caso della circolare rimasta “segreta” fino a quando il medico del 118 e sindacalista Francesco Papappicco non l’ha sbandierata per denunciare l’ennesima rissa sfiorata, è il termometro della situazione incandescente. Affronteremo la questione dando voce a chi vorrà testimoniare la delicata e ormai insostenibile situazione, anche in forma anonima, come nel caso della lettera firmata di cui siamo entrati in possesso un paio di giorni fa.
LO SFOGO DELL’INFERMIERE 118 – Con i colleghi dei vari Pronto Soccorso in generale c’è collaborazione, rispetto, professionalità, ma alcune volte e purtroppo sempre più spesso, rimaniamo delusi, nauseati e come nel mio caso frastornati da comportamenti intollerabili. Direttore Loconte, non sono avvezzo alla ribalta mediatica, ma questa volta credo sia utile fornire al dibattito anche la mia esperienza personale.
I FATTI – Alcuni giorni fa, alle ore 7.20 il mio equipaggio India (ambulanza con infermiere, soccorritore e autista-soccorritore), insieme all’automedica ha soccorso una paziente che mostrava sintomi associabili a un codice rosso, il più grave. A quel punto la Centrale Operativa ci inviava in codice 3 in un ospedale di Bari. All’arrivo, intorno alle 8, l’automedica si staccava, rientrando in postazione, tornando così operativa per la copertura del territorio in caso di ulteriori emergenze. In quel momento ho collaborato con i colleghi del Pronto Soccorso per agevolare il prelievo, attaccare l’ossigeno, posizionare il catetere, movimentare la paziente per riuscire anche noi a rientrare più velocemente possibile in servizio e, nel mio caso, provare finalmente a smontare dopo il turno di notte.
Nonostante tutto sono stato invitato gentilmente a uscire dalla sala e considerati i modi non ho opposto resistenza. Avendo trovato ben due barelle libere, mi sono ripresentato nei pressi della sala rossa, attendendo che il responsabile di turno si liberasse dalla postazione in cui era impegnato per effettuare l’ennesima richiesta. Finalmente verso le 9 sono riuscito ad avere la possibilità di parlare con chi era di turno, chiedendo con la stessa gentilezza di effettuare il cambio barella, che avrebbe permesso all’ambulanza di tornare operativa e all’equipaggio di smontare da un turno di notte protrattosi ormai per 13 ore.
Ancora una volta mi è stato negato lo sbarellamento, fornendomi spiegazioni discordanti da diversi sanitari. Per farla breve, mi hanno invitato a tornare a casa con l’ambulanza “fuori servizio” per poi rientrare in tarda mattinata, atto che è stato espressamente vietato dal presidente dell’associazione che detiene le responsabilità dell’automezzo. Alle 10, dunque, tentavo un nuovo approccio, ricevendo solo la speranza di ottenere la barella di lì a poco. Un quarantina di minuti dopo mi veniva comunicato che la barella del 118 e la paziente che c’era sopra, erano stati trasportati in TAC per effettuare la diagnostica, disattendendo le disposizioni che vieterebbero l’utilizzo delle attrezzature in dotazione ai mezzi di soccorso per eseguire la diagnostica. Non un capriccio, ma come ha scritto alcuni giorni fa, si tratta di una disposizione inviata dal dottor Dibello, responsabile del Dipartimento per l’emergenza, del Coordinamento del 118 Barese e come se non bastasse del Pronto Soccorso dell’Ospedale della Murgia.
L’EPILOGO – Ho deciso quindi di presidiare l’esterno della radiodiagnostica per agevolare il cambio barella, non disdegnando di fornire aiuto per il trasporto del paziente dal tavolo della TAC alla barella del Pronto Soccorso, che miracolosamente è apparsa da chissà dove. Il turno è terminato più o meno alle 12. A chi verrà dopo di me vorrei solo dire che esistono delle regole, dei protocolli messi in atto proprio per “agevolare” le nostre attese. Per quanto tempo ancora subiremo questi caotici e controproducenti capricci e quando avrà termine questo incredibile ostracismo tra colleghi, che fanno parte dello stesso Dipartimento di Emergenza Urgenza? Chi dovrebbe intervenire per impedire che accadano queste disdicevoli situazioni? Infine, dopo tante ore di attesa mi chiedo: esiste una saletta dedicata ai dipendenti con eventuale bagno per espletare almeno i primari bisogni corporali? Direttore Loconte, le assicuro che il malcontento è tanto e molti colleghi sono ormai demotivati. Questo non è assolutamente positivo, soprattutto per l’assistenza tempestiva ed efficace che dobbiamo assicurare a qualunque paziente e in qualsiasi condizione.