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Avvelena centinaia di blatte e le raccoglie in una busta, il dramma di Michelina: “Casa mia è pulita”

9 Agosto 2022
– Autore: Antonio Loconte
9 Agosto 2022
– Autore: Antonio Loconte

Una giungla al di là della finestra in cucina, nel garage decine di buste di immondizia, stracci e cianfrusaglie dappertutto. In alcuni punti del pavimento le scarpe restano appiccicate e nel bagno la sensazione di degrado è evidente. Polvere, ragnatele, resti di cibo e la paletta con cui vengono raccolti gli scarafaggi morti appoggiata sui fornelli, accanto alle pentole. Le blatte sono centinaia e centinaia, talmente tante da non poter fare a meno di raccoglierle in un busta prima di buttarle chissà dove.

Ciò che più ti prende la gola e il cuore, però, è il tanfo nauseabondo che si sente dappertutto. I muri, i mobili, il pavimento, gli indumenti puzzano nella stessa maniera: di morte e indifferenza. Siamo ad Adelfia, a casa di Michelina, una donna di 60 anni in guerra con la sorella, l’unica parente rimasta viva. I problemi sono evidenti. “I muri e il pavimento sono puliti”, dice Michelina quando le facciamo notare lo stato pietoso in cui è l’immobile.

Nessuna particolare paura o ribrezzo per gli insetti. “Scarafaggi sono, mica leoni”, taglia corto. A pensarci bene Michelina non ha tutti i torti. Forse è solo per convenzione che quegli animali vengono considerati ripugnanti, un po’ come i topi, pure quelli a loro agio in quell’habitat artificiale. Il vicinato conosce bene la storia di Michelina, anche il passato difficile, ma nessuno era riuscito a varcare quella porta prima della donna che l’ha aiutata in maniera drastica a sciogliere i nodi dai capelli arruffati.

Michelina apre la porta di quell’inferno, ci fa accomodare perché in fin dei conti cerca aiuto. Secondo quanto siamo riusciti a sapere Michelina ha un amministratore di sostegno e il suo caso è noto ai servizi sociali del paese. Al netto di chi abbia in carico la situazione – un numero qualunque nelle attuali statistiche legate al crescente degrado – una donna di 60 anni non può vivere in quelle condizioni, a maggior ragione se la sua è una storia denunciata e attenzionata.

Sì, attenzionata, si dice così; oppure presa in carico. Voi fareste vivere una persona alla quale è stato affidato il vostro sostegno in quel modo? Una mamma, una nonna, una zia, una sorella, una vicina di casa a vostro carico può essere relegata ai confini della propria dignità? Riteniamo che le istituzioni competenti debbano intervenire immediatamente, ognuna per quanto gli compete. Non siamo a caccia di responsabili, ma di addetti ai lavori capaci di immedesimarsi in quella donna, nella sua vita, nelle sue bizzarre convinzioni che l’hanno portata nel tempo a credere di non avere alcun disagio.