Da tempo seguiamo la vicenda di Umberto Paolillo, l’agente penitenziario morto suicida nel 2021. La mamma Rosanna sta lottando con tutte le sue forze affinché venga fatta luce sui motivi che hanno spinto suo figlio a togliersi la vita con la pistola di ordinanza.
All’indomani della notizia del suicidio, un ex detenuto, Michele Martella, scrisse un commento che lasciò tutti di stucco. In quelle frasi puntava il dito con uno degli appuntati che, stando alla sua testimonianza, avrebbe continuamente preso in giro Paolillo.
Siamo andati a Mesagne dove ci risultava vivesse Michele. Abbiamo trovato sua sorella che ci ha messo in contatto con lui, adesso in un’altra località dove lavora. La telefonata con Michele accende un barlume di speranza in Rosanna perché Michele ci ha raccontato dei continui soprusi che Paolillo era costretto a subire.
“Lo prendevano in giro continuamente. Lo sfottevano perché viveva ancora con i suoi genitori, lo chiamavano gobbetta e gli davano giornaletti porno perché gli dicevano che era ancora vergine. Un giorno mi sono messo io di mezzo dicendo di smetterla. Umberto spesso si confidava con noi. Lo vedevamo sempre triste. Quando abbiamo saputo del suicidio tutti abbiamo pensato che fosse arrivato al limite e che il gesto fosse collegato a ciò che subiva. Quel carcere è uno schifo”.