Non avrebbero diagnosticato in tempo una emorragia dopo un intervento chirurgico di “plastica secondo Rives” per un laparocele mediano ipogastrico, cioè un’ernia addominale. Due medici della clinica Mater Dei di Bari si sarebbero accorti della complicanza post-operatoria dopo più di 12 ore, “quando ormai lo shock era in fase irreversibile” si legge negli atti, così causando il decesso del paziente, il 55enne di Triggiano Diego Francesco Nitti. La vicenda risale al 6 febbraio 2015. I due medici che operarono e poi seguirono il paziente nelle ore successive all’intervento, Enrico Restini e Sara Blasi, dovranno risarcire i famigliari del paziente. La condanna al risarcimento danni, con il pagamento anche di provvisionali per complessivi 160mila euro in favore della moglie e dei tre figli, è stata stabilita dal giudice monocratico Antonio Donato Coscia al termine del processo di primo grado, a più di sette anni dai fatti. I famigliari di Nitti sono stati assistiti dagli avvocati Angelo Loizzi e Maria Castrucci. Con riferimento alla responsabilità penale, invece, il giudice ha condannato il solo Restini a 1 anno e 4 mesi di reclusione (pena sospesa) per omicidio colposo, mentre ha assolto la collega Blasi, pur condannata a risarcire le parti civili, perché non punibile penalmente in quanto ritenuta, la sua, “colpa lieve”.
Il giudice ha poi assolto “per non aver commesso il fatto” i quattro infermieri che erano imputati per concorso nell’omicidio colposo, Anna Petruzzellis, Angelo Antonio Colaianni, Nicoletta Calabrese e Ivan Leccese, assistiti rispettivamente dagli avvocati Sonia Mescia, Michele Doronzo, Marisa Savino e Gaetano Castellaneta. A rappresentare l’accusa a dibattimento il vice procuratore onorario Francesco Numo. Stando alla ricostruzione accusatoria “un più attento monitoraggio post-operatorio avrebbe ridotto drasticamente le probabilità del decesso e comunque lo avrebbe reso meno possibile”. Il primo intervento, quello del 5 febbraio, era stato eseguito da Restini e Blasi, il primo responsabile anche – secondo l’imputazione – del decorso post-operatorio. I quattro infermieri coprirono invece i turni in quelle due giornate, fino al decesso la mattina del 6 febbraio.
Nel corso dell’intervento – hanno ricostruito gli accertamenti disposti dalla Procura – si sarebbe verifica la complicanza emorragica, diagnosticata però troppo tardi per poter salvare il 55enne. L’emorragia è infatti – sosteneva l’accusa – una complicanza prevedibile, ma dalle 13.30 alle 2 del mattino successivo il personale sanitario non avrebbe “mai controllato i parametri vitali del paziente”, nonostante lamentasse “malessere diffuso e le continue richieste della moglie” di intervenire per aiutare il marito sofferente. Solo in piena notte sarebbe stato sottoposto a elettrocardiogramma d’urgenza a seguito del quale “sarebbe stato portato nuovamente in sala operatoria «per revisione della ferita chirurgica”. Inutili, però, sarebbero state a quel punto le manovre rianimatorie dopo l’arresto cardiocircolatorio.