Aggrediti, denunciati e adesso diffamati sui social, facendo passare per ciò che non siamo. Protagonista dell’ultima storia incresciosa é una donna, mamma di due figlie. Ci aveva contattato per darle una mano. Era esasperata dal comportamento della figlia grande, quasi maggiorenne: uso di sostanze stupefacenti, atti di autolesionismo e violenze varie. Il giudice aveva disposto l’accompagnamento in una struttura, ma la ragazza non ha mai voluto andarci e allo stesso tempo mai nessuna delle istituzioni, non essendo una carcerazione, se l’è sentita di usare la forza. Così si é arrivati a un accordo del tipo: “Fai la brava e resti a casa”. Per anni la mamma non ha mai voluto che la figlia fosse “rinchiusa”, adesso invece sembra non volere altro. Il problema, dal nostro punto di vista, é che la donna, invitata più volte a farsi intervistare per raccontare la storia, ha sempre rifiutato. Lo ha fatto almeno fino a quando non ha deciso di andare al Comune a fare “casino”. Nel frattempo, però, abbiamo approfondito la questione è ci siamo resi conto delle incongruenze. La donna, in sostanza, pretende l’aiuto ma alle sue condizioni. Il nostro rifiuto ha scatenato la sua ira sui social con un post pieno di menzogne. Stiamo decidendo se querelarla. Non siamo i lecchini di nessuno, ma quando si chiede aiuto non si può pretendere chi deve darlo e in che modo. Se ci si affida a qualcuno bisogna avere fiducia o bisogna quantomeno essere determinati a sollevare eventuali problemi. Ribadiamo un concerto fondamentale: se volete un aiuto dovete essere pronti al fatto che si scavi nel vostro passato, che si raccontino le ragioni delle vostre condizioni, altrimenti diventa impossibile darvi una mano.
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- di: Raffaele Caruso
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