Negli ultimi tempi Bari è diventata una città turistica. Orde di stranieri invadono le strade del centro e della città vecchia grazie alle guide che mostrano le bellezze nostrane. Purtroppo però per diventare una città turistica per eccellenza, come Milano, Madrid, Valencia, Londra (e sono solo alcune delle città europee che mi vengono in mente) bisogna lavorare ininterrottamente su tanti altri piani che di certo non solo quelli degli eventi. Per alcuni, tra cui l’amministrazione comunale, questi ultimi sono importanti per attirare i turisti, ma una volta che sono qui si accorgono di quanto lavoro c’è da fare. Tralasciando il problema dei trasporti (ad esempio a Valencia c’è una pista ciclabile che permettere di arrivare in qualsiasi punto della città in completa sicurezza) bisogna lavorare sul problema della sporcizia. Tutto il mondo è paese, si sa. Dappertutto ci sono gli incivili, ad esempio a Dublino ho visto giovani del posto lanciare bottiglie di plastica nel fiume, ma è anche vero che in giro per le città non troverai mai un cassonetto stracolmo o resti di cibo lasciati per troppo tempo sui marciapiedi. Ad esempio a Cracovia, in Polonia, ci sono netturbini impiegati quasi 24 ore su 24 a ripulire gli spazi dove ci si ferma a mangiare, nel pieno centro della città. Di questa situazione se ne sono accorti Radek e Darek, fratelli polacchi trovati su una delle panchine di piazza Garibaldi. Gli abbiamo chiesto se fossero disposti ad aiutarci a ripulire la piazza e immediatamente hanno accettato. Loro stessi hanno notato come, oltre al guano che invade il giardino, c’è il problema della pulizia generale. Una marea di “gòwno”, come ci fanno sapere i nostri amici. Cartoni di pizza, salviette gettate per terra, bottiglie di plastica e vetro. Questo non è per puntare il dito contro i lavoratori che fanno quello che possono, ma contro chi invece dovrebbe vigilare e ampliare la forza lavoro per far diventare davvero Bari una città turistica coi fiocchi.
Lello e la tana delle tigri, lezioni di pulizia a Debora: a rischio il pranzo da Rocco
- di: Raffaele Caruso
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