Buona parte dei manufatti che costituiscono la moschea di Bari sono abusivi e vanno abbattuti. A stabilirlo è un’ordinanza del Comune di Bari quasi un anno dopo l’accertamento fatto a gennaio del 2021. In quella occasione i tecnici della Polizia Edilizia barese trovarono anche altre irregolarità, compreso un tetto in amianto e una costruzione destinata a laboratorio in realtà usata come abitazione dal sedicente Imam di Bari Ghazi Shwandy e la sua famiglia.
Il 24 dicembre scorso siamo stati fuori dalla Moschea, sul prolungamento di via Cifarelli, per cercare avere precisazioni e spiegazioni da quelli che si definiscono rappresentanti della comunità islamica barese: l’Imam Ghazi Shwandy e il presidente della associazione islamica CIP, Said El Amori. Il primo non si è neppure affacciato al cancello; l’altro ha prima fatto il vago, poi ha avanzato accuse particolarmente gravi, anticipate su Facebook.
Non abbiamo capito se i due intendano ricorrere contro l’ordinanza o lo abbiamo già fatto, se invece provvederanno all’abbattimento e al pagamento delle sanzioni. Parliamo di circa 2000 euro da dividere fra le tre associazioni a cui fa riferimento la Moschea di Bari. Certo, appare strano che l’ordinanza sia stata emessa quasi un anno dopo l’accertamento, quasi ci fosse un ordine non scritto di non infastidire la comunità islamica e, allo stesso tempo, appare incomprensibile il motivo per cui la stessa ordinanza sia stata consegnata proprio ora e dopo tutto questo tempo.
Al netto di risposte che probabilmente non avremo, restano gli abusi accertati dalla Polizia Ediliza di Bari. Nella fattispecie sono da demolire l’immobile – il primo a sinistra entrando dal cancello -, usato in parte come moschea delle donne e in altra parte come residenza del sedicente Imam Ghazi, inutilizzabile perché la destinazione d’uso è quella di laboratorio e quindi non residenziale. Ghazi e famiglia devono quindi sgomberare. Va abbattuta come i gazebo, le tende e le tettoie nel cortile centrale perché abusivi.
L’uso della struttura retrostante (a forma di U) è inutilizzabile perché fatiscente e i tetti sono in amianto. Senza contare che dalle 13 alle 14 la Moschea è frequentata da centinai di persone, nella stragrande maggioranza senza mascherina o con la mascherina abbassata sotto il mento, in barba al decreto che vieta qualsiasi assembramento sia per motivi di salute pubblica legati al Covid, che per il rischio crollo. Nella nostra incursione abbiamo compreso che all’interno della comunità islamica è in atto una faida tra il presidente della CIDI, Sharif Lorenzini; l’attuale Imam, Ghazi Shwandy, e il presidente della CIP, Said El Amori.
Volano gli stracci in quantità pari alle denunce e alle carte bollate, le uniche che potranno chiarire una vicenda sempre più torbida. Avendo ipotizzato il fatto che noi fossimo sul libro paga di Lorenzini, abbiamo dato mandato ai nostri legali di querelare El Amori e altri due sconosciuti in fase di identificazione. Il nostro interesse è quello del bene comune, della tutela dei diritti affinché l’integrazione sia effettiva e non solo di facciata. A Sharif Lorenzini, al centro di un duro attacco mediatico – a suo dire con mandanti precisi – chiederemo di replicare alle accuse lanciate dalla fazione opposta di questa lotta, che certamente non sta scritta nel Corano e non è benedetta da Allah.