Vi proponiamo il discorso integrale del sindaco di Bari, Antonio Decaro, durante la cerimonia dell’inaugurazione dell’86esima edizione della Fiera del Levante.
“Signor vice Presidente del Consiglio, autorità civili, militari e religiose, signor Presidente della Regione Puglia, signor Presidente dell’Ente Fiera, signor Presidente della Nuova Fiera del Levante: benvenuti alla 86° edizione della Fiera del Levante. E bentrovato, Sandro. Oggi non sei seduto tra noi. Ma sei qui, nei nostri cuori. Non ti saresti mai perso una nuova edizione della tua Fiera del Levante. E noi, questa, vogliamo dedicarla a te. Una fiera nuova, aperta, viva, capace di attrarre eventi, competenze e nuove economie. È il mio ultimo discorso da questo palco, con indosso la fascia tricolore. Per questo chiedo il permesso di infrangere, per una volta, il rituale e di parlare direttamente alla mia, alla nostra città. Spero mi sia concesso e perdonato.
Cara Bari. Se dovessi dire dove tutto è cominciato direi “da una strada”. E non perché sono un ingegnere dell’ANAS. Era il luglio del 2004. C’era una strada, un’automobile ferma, in panne, la mia, e il mio cellulare che squillava. Ero stato appena nominato da Michele Emiliano assessore al traffico, e una giornalista al telefono voleva sapere le mie idee per migliorare la mobilità dei baresi. Mentre io in quel momento cercavo un’idea per migliorare la mia, di mobilità…
Cara Bari, quel giorno la macchina, per fortuna, è ripartita. E in vent’anni, insieme, di strada ne abbiamo fatta tanta. Ma tanta, tantissima strada ancora dovrai fare. Sarà una strada faticosa, ma non dovrai percorrerla da sola. Hai più di 320.000 persone che ti ameranno e che cammineranno al tuo fianco, come hanno fatto in questi anni. Sono donne, uomini, ragazzi, lavoratori, imprenditori, famiglie. Sono persone che hanno fatto una scelta difficile e coraggiosa: quella di restare qui, insieme a te, di crescere con te, di affidare a te la loro speranza di futuro. Sono persone che io oggi voglio ringraziare ad una ad una perché artefici dei tuoi cambiamenti, cara Bari. Sono loro, sono i tuoi figli. Sono i baresi.
Cara Bari, non dimenticare mai la storia di Giovanni, questo il nome di fantasia che abbiamo scelto per quel ragazzino che ad ogni evento di quartiere giocava a fare il bullo per attirare la mia attenzione. Giovanni stava per finire in un altro gioco, molto più grande e pericoloso. Lui alla fine si è salvato, ma tu ricordati di prenderti cura dei tanti piccoli Giovanni che nei quartieri come il suo vivono ogni giorno la condanna ad un destino maligno che sembra ineludibile. E davanti allo specchio, cara Bari, abbi il coraggio di guardarti nuda, senza il trucco e gli abiti eleganti che vogliono coprire le tue ferite. Perché finché non guarirai quelle ferite, non sarai mai bella fino in fondo. Perché, finché tutti i Giovanni che vivono nelle tue strade difficili non avranno un futuro, non ce l’avrai mai nemmeno tu. Per il futuro, ti aspettano anni complicati, cara Bari. Quel fatidico 2026, l’anno in cui tutte le opere del PNRR dovranno essere terminate, è un obiettivo alla tua portata. Ce la puoi fare. Abbiamo sfidato il covid, la diffidenza, la burocrazia. Abbiamo sfidato i pregiudizi di chi già ci considerava in fondo alle graduatorie perché ci riteneva incapaci di proporre progetti innovativi e di attrarre finanziamenti. E ora siamo lì, in cima a tanti di quegli indicatori. E siamo felici, non perché siamo tra i primi in classifica ma perché quell’acronimo, per molti incomprensibile, PNRR, vuol dire salute, vuol dire cultura, vuol dire progresso, vuol dire ambiente. Vuol dire parchi, case di comunità, asili nido, nuove strade, assistenza per i più deboli. Vuol dire, insomma migliorare la vita dei tuoi cittadini. Ed è questa, cara Bari, la classifica che devi vincere. (Se poi vincessi anche quella del campionato di calcio di serie B non sarebbe male…). Non avere mai paura di pretenderle quelle risorse. L’Europa e l’Italia te le devono, perché per averle hai studiato, hai progettato, hai lavorato, hai lottato, hai rispettato le regole e le scadenze. E hai sovvertito nei fatti lo stereotipo di un sud fannullone, impreparato e sprecone dimostrandoti efficiente e pronta. Anche per questo, adesso, quel denaro te lo meriti tutto.
Cara Bari, il dolore dei tuoi cittadini che negli anni hanno perso madri, padri, amici e figli a causa del mesotelioma pleurico, nessuno potrà risarcirlo. Ma tu hai il dovere di non dimenticarlo. E di provare a trasformarlo in nuova vita. Per questo, quello che sorgerà dove abbiamo abbattuto i muri d’amianto si chiamerà parco della Rinascita. Per questo, lì dove la Fibronit seminava morte, giocheranno i bambini. Per questo, lì dove qualcuno aveva già deciso di costruire case, tu farai crescere alberi.
Cara Bari, io continuerò a difendere le tue ragioni e quelle di altre città come te, piccole o grandi, che in questi mesi ci hanno creduto e per quei progetti del PNRR hanno lavorato. Lo farò come sempre, con spirito di collaborazione, senza guardare al colore delle amministrazioni e del Governo in carica. Perché fin dal primo giorno in cui ho varcato il portone di Palazzo di Città, il rispetto delle istituzioni è stata per me l’unica bandiera. È in questo modo che abbiamo ottenuto il nuovo Parco della Giustizia, che darà finalmente dignità a chi lavora in un campo così delicato. È in questo modo che abbiamo ottenuto i fondi necessari ad aiutare le persone meno abbienti a mettere un piatto in tavola per i loro figli quando la malattia faceva più paura della fame. È in questo modo che abbiamo ottenuto i fondi per assumere personale per gestire nuovi 11 asili nido in tutta la città. Ma è in questo modo, soprattutto, che ho provato a rispettarti, cara Bari. Cercando con tutte le forze di farti volare alto per non farti impantanare nelle sabbie mobili delle polemiche politiche, delle rivendicazioni di campanile e delle beghe di partito.
Cara Bari, insieme ai tuoi cittadini hai superato momenti durissimi. La pandemia sembrava averti messa in ginocchio, invece ti sei rialzata e hai ricominciato a vivere. Sei tornata a farci riabbracciare nelle tue bellissime piazze. Hai riaperto i tuoi teatri e offerto spazi e tempi adeguati agli operatori culturali di questa città che finalmente, con coraggio, hanno scelto di vivere e lavorare qui, insieme a noi. Fino a una ventina di anni fa, cara Bari, oltre il casello di Cerignola ti conoscevano in pochi. Da ragazzo, all’estero (e a volte anche in Italia) per far capire dove fossi nato dovevo indicare la cartina geografica. Oggi basta passeggiare per un vicolo della città vecchia e mettersi in ascolto, per essere travolti da accenti di tutto il mondo dallo svedese al veneto, dal giapponese al romanesco, dal tedesco al barivecchiano, che per fortuna resiste, in tutta la sua dura, gutturale armonia.
Cara Bari, in barba a tutti i tuoi detrattori sei diventata una città del turismo, e intorno ad esso hai sviluppato una nuova economia, nuovo lavoro, nuove opportunità. Ma promettimi di non mollare. Trova gli strumenti e le regole che potranno aiutarti a fare meglio, accogli il nuovo ospite che arriva ma non snaturarti mai. Difendi la tua autenticità, i tuoi colori e i tuoi sapori, le tue usanze più veraci. Perché chi viene qui deve guardarti, toccarti, viverti per quella che sei davvero.
Cara Bari, continua a rispettare quell’immenso patrimonio di identità che è il tuo mare. E immagina una nuova costa, spiagge, giardini, aree attrezzate per lo sport e per il gioco, una strada da attraversare solo in biciletta. Un mare da raggiungere in autobus o a piedi. Ora hai la possibilità di trasformare quel sogno in realtà. Puoi farlo senza ricatti né compromessi. Puoi farlo con la forza e l’ingegno di chi ha visto in quei 75 milioni di euro per il nuovo parco a mare lungo la costa sud un’opportunità di futuro e di libertà. Libertà dal degrado, dall’abbandono, dalla speculazione, dal mare negato.
Cara Bari, hai cominciato con Torre Quetta, Pane e Pomodoro con il nuovo lungomare a San Girolamo. Hai trasformato le tue spiagge rendendole veramente pubbliche, più belle, più libere. Libere dagli interessi privati e dal malaffare, libere dalle reti della criminalità organizzata, libere dall’asfissia dell’estorsione che per troppo tempo ti ha strozzato.
Cara Bari, in questi anni hai imparato a farti coraggio e a denunciare. Perché la mafia non si combatte vergognandosene o nascondendola sotto il tappeto, ma nominandola e denunciandola. E tu lo hai fatto con coraggio, a viso aperto, insieme ai commercianti, agli imprenditori edili, nei mercati e nelle strade delle “fornacelle”. Hai trasformato le roccaforti della criminalità organizzata in centri sociali e in case per quelli che, vivendo di lavoro onesto, un tetto non potevano permetterselo. Hai trasformato la malavita in nuova vita. La strada è ancora lunga, cara Bari, ma tu non mollare di un centimetro. Perché ogni battaglia che vinci è un passo avanti, ma ogni nuovo compromesso che accetti sono cento passi indietro.
Cara Bari, resta sempre orgogliosa dei colori delle bandiere arcobaleno che 20 anni fa con coraggio sfilarono per la prima volta tra le tue strade. I tuoi cittadini le accolsero, festosi, dai balconi, convinti che ognuno è libero di amare chi e come vuole. Difendi il diritto delle tue bambine a diventare le donne che vorranno, senza paure, senza rinunce. Difendile dalle rappresentazioni di comodo di chi scambia le vittime con i carnefici. Difendile da quelli che insegnano alle donne a bere meno e a vestirsi meglio, e dimenticano di insegnare agli uomini ad amare.
Cara Bari, accogli tutti i figli di questa terra che oggi sono tornati a vivere qui grazie alle 16 nuove aziende che hanno scelto di aprire in città una loro sede. E accogli, con lo spirito del tuo santo patrono, amante dei forestieri, chiunque arrivi da te per sfuggire alle guerre, alla fame, all’ingiustizia. Chiunque cerchi in te un porto sicuro dove far approdare il sogno di una vita normale. Anche loro sono il tuo futuro. Quel futuro per il quale in questi anni hai combattuto. Un futuro dove una città del sud ha gli stessi diritti e gli stessi servizi di una città del nord. Un futuro dove tutti potremo salire su un treno veloce e raggiungere Napoli in meno di due ore perché anche il sud ha il diritto a un collegamento veloce, efficiente, pubblico, come succede nel resto d’Italia. Ringrazio il ministro Salvini per aver accolto le istanze dei due sindaci di Bari e Napoli per il primo collegamento diretto. Un futuro dove respirare un’aria più pulita, dove passeggiare in giardini e parchi vissuti. Un futuro dove imparare a lasciare l’auto e a prendere una navetta o una bici pubblica. “Pubblico”, ecco. È una bella parola per descrivere il tuo futuro, cara Bari. Pubblico come il mare per chi non può permettersi i lidi di lusso, pubblica come la scuola dove il figlio del ricco siede accanto a quello del povero. Pubblico come gli asili nido. Pubblico, che vuol dire di tutti, senza distinzioni di etnia, orientamento sessuale, religione, censo. Un’altra bella parola è antifascista, quel valore che ti ha sempre fatto camminare a testa alta, anche nei periodi più bui della storia di questo Paese. Come quel 9 settembre del 1943, di cui oggi ricordiamo l’80mo anniversario, quando la coraggiosa e valorosa resistenza dei ragazzi di Bari e del generale Bellomo fermò l’avanzata delle truppe naziste verso la conquista del porto.
Cara Bari, tu lo sai, io non volevo fare il sindaco. Ma tu giorno dopo giorno mi hai conquistato. Con il buio dei tuoi dolori e la luce della tua vitalità, con le bestemmie dei tuoi vicoli e la poesia del tuo mare, con il tuo autolesionismo e la tua laboriosità, con i tuoi pettegolezzi da provincia e il tuo talento da capitale europea. Mi hai fatto innamorare di questo mestiere faticoso e bellissimo, di questo incessante incontro-scontro con i tuoi concittadini, a ogni ora del giorno e della notte, tra insulti, spiegazioni, lacrime e abbracci. Loro, i baresi, sono diventati una famiglia. E ora, lo confesso, ho paura. Ho paura del giorno in cui mi toglierò per l’ultima volta questa fascia, che ormai per me è diventata una seconda pelle. Ho paura come ogni essere umano ha paura quando sta per concludersi l’esperienza più bella della sua vita. Ho paura, ma non ho rimpianti. Ho la coscienza in pace. E non perché ho fatto tutto bene. Ho la coscienza in pace perché, cara Bari, tutto quello che ho fatto, tutto, dal primo fino all’ultimo giorno, l’ho fatto soltanto, esclusivamente, per te. Sii felice, tu sei Bari”.