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Suicidio Paolillo, l’ex infermiere del carcere: “Chi gli ha dato la pistola aveva capito tutto”

25 Ottobre 2023
– Autore: Eleonora Francklin
25 Ottobre 2023
– Autore: Eleonora Francklin

Avevamo lasciato in sospeso l’intervista all’ex infermiere impiegato nel carcere di Turi, colui che sta ricomponendo dei tasselli sulla tragica scomparsa di Umberto Paolillo. Dopo aver spiegato gli abusi subiti, abbiamo parlato con lui di Umberto, l’ispettore capo della polizia penitenziaria che nel 2021 si è tolto la vita con la sua pistola di ordinanza. Una vicenda che stiamo seguendo da 3 anni con la speranza di dare delle risposte a mamma Rosanna in cerca di giustizia. Per la madre di Umberto e anche per l’infermiere, Paolillo è stato istigato al suicidio. “Gli avranno detto che non avrebbe avuto la pensione, qualcuno per prenderlo in giro e a vessarlo gli hanno fatto questa violenza psicologica, nonostante sapevano non potesse mai accadere che non avesse la pensione. L’istigazione al suicidio è giusta”.

“Umberto era troppo buono e sensibile per lavorare in un ambiente del genere. Purtroppo era incompatibile con quel posto, non era a suo agio ed era ansioso, introverso e chiuso. Non mi ha mai raccontato nulla, neanche quando veniva in infermeria a misurarsi la pressione. Ho assistito però a uno scherzo telefonico stupido che gli hanno fatto mentre ero con lui. Gli hanno detto di far scendere un detenuto con un nome che non esisteva. Controllò il casellario e giustamente non lo trovava. Richiamò il collega che sbeffeggiandolo chiuse la chiamata con una pernacchia. Una telefonata che era arrivata sicuramente dal copro di guardia del piano terra o dagli uffici. Nell’ultimo periodo sembrava assente, faceva avanti e indietro nei corridoi. Era impossibile non notare che stava male”.

Dopo una lunga assenza dalla casa circondariale, Umberto è tornato in carcere dove ha preso la pistola di ordinanza con cui si è tolto la vita. “La sua ossessione era che a causa delle sue assenze per malattia e per la 104 fosse degradato e avrebbe perso la pensione. Era qualcuno che lo tormentava con questa cosa. Io cercavo di fargli capire che non sarebbe mai accaduto. Chi gli ha consegnato la pistola era interdetto dal fatto che Umberto la volesse. Non era usuale che se la portasse a casa. Dal suo atteggiamento aveva capito che non stava bene e per questo aveva deciso di chiamare il superiore che, infastidito dalla chiamata, gli ha detto di dargli ciò che voleva scaricandolo nonostante le sue rimostranze. Io quel giorno non era lì, ma l’agente mi ha raccontato tutto. Ancora ad oggi si sente in colpa, ma ha obbedito a un ordine superiore”.