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Denuncia il marito violento, Elena tradita dal codice rosso: “Umiliata due volte salvate mia figlia”

16 Dicembre 2023
– Autore: Raffaele Caruso
16 Dicembre 2023
– Autore: Raffaele Caruso

Un tema a noi particolarmente caro è quella della lotta contro la violenza sulle donne. Recentemente abbiamo parlato della prima applicazione nel Barese del doppio braccialetto elettronico per stalker e vittima, ma purtroppo non sempre la legge tutela le vittime. Vi raccontiamo la storia di Elena, una donna greca ingannata dal codice rosso. “Voglio precisare subito che credo nella legge e nella giustizia – esordisce la donna -. Il 20 maggio ho presentato denuncia per i maltrattamenti ricevuti in casa da mio marito. Sono stata costretta a farlo perché altrimenti ci sarebbe stato un caso di omicidio e suicidio”. Sono parole forti quelle di Elena, ma ancora di più lo sono quelle dell’uomo in uno dei tanti audio inviati alla donna e che vi proponiamo nel servizio per inquadrare il più possibile il contesto.

La donna, madre di due figlie colpite da una malattia genetica, riprende a raccontare la vicenda. “La Polizia mi ha detto di stare tranquilla, ci hanno portato in una casa rifugio e detto che tutto sarebbe finito presto. La verità è che io e mia figlia maggiorenne, dal primo giorno della denuncia, siamo state lasciate al nostro destino. Hanno preso subito in carico invece il caso di mia figlia minore, in 15 giorni si è tenuta l’udienza nel Tribunale dei minori e ho scoperto di essere colpevole io stessa perché come genitore ho ricevuto botte davanti alle mie figlie. Noi mamme siamo umiliate due volte e dobbiamo combattere per dimostrare di essere buone madri. Fortunatamente la legge lo ha riconosciuto”.

Il codice rosso viene riconosciuto, ma il problema resta l’applicazione. “Per due mesi ho pianto chiedendo aiuto per mia figlia di 18 anni, per la legge è adulta e mi rispondevano che non potevo fare niente. Doveva fare la maturità, nessuno mi ascoltava, solo per mia figlia minore si sono mossi. Siamo stati lasciati soli, da affrontare i maltrattamenti ci siamo ritrovate ad affrontare l’assoluta povertà e la fame. Sotto la tutela del codice rosso ci siamo ritrovate in un posto dove non curano niente. Parliamo di un luogo chiuso, in cui sei prigioniera. Non ti comprano niente, neppure per le bambine. Mia figlia è stata chiusa in una stanza di questa casa rifugio, in piena estate e senza ventilatore. Senza televisore, senza pane e con quantità di cibo limitate. Mia figlia ha perso due chili, ora pesa 38 chili e deve affrontare un’operazione anche”.

Elena si è trasferita dalla casa rifugio ad una casa famiglia. Lavora per mantenere le sue figlie. La legge le permette di uscire per andare a lavorare, ma non la tutela. Elena insomma corre da sola il rischio di essere raggiunta dal marito sul posto di lavoro o durante il tragitto ed essere uccisa. “Se non mi danno niente, cosa devo fare? Devo far morire mia figlia di fame?”.  E non finisce qui perché da tempo ha diritto di entrare nell’abitazione dove si trova il marito riconosciuto violento. L’ordine del Giudice però non viene ancora rispettato, Elena aspettava di rientrare a casa. Sono passati diversi mesi e nessuno è ancora intervenuto. Il 1° dicembre è stato notificato l’allontanamento dell’uomo e come scadenza sono state fissate 48 ore. Sono passati 15 giorni e il marito è ancora lì, in casa. Elena è disperata e invoca aiuto, per lei stessa, per le due figlie e anche per il marito violento. “Sono viva solo perché mio marito non ha fatto quello che aveva detto, non grazie alla legge”, è la chiosa di Elena. Una frase che sicuramente fa impressione.