Skip to content

Detenuto torturato nel carcere di Bari, agente condannato. La sentenza: “Ha agito con crudeltà”

19 Gennaio 2024
– Autore: Raffaele Caruso
19 Gennaio 2024
– Autore: Raffaele Caruso

Depositate le motivazioni della sentenza della gup di Bari, Rossana De Cristofaro, con cui a luglio scorso è stato condannato, al termine del rito abbreviato, a 3 anni e 6 mesi di reclusione Domenico Coppi, l’ex sovrintendente della polizia penitenziaria di Bari, per tortura, rifiuto d’atti d’ufficio e falso ideologico. La condanna si riferisce a quanto accaduto nel carcere di Bari la notte del 27 aprile 2022 quando un detenuto con problemi psichiatrici, secondo l’accusa, avrebbe subito violenze dopo aver dato fuoco a un materasso nella propria cella.

“L’agire dell’imputato, e degli altri concorrenti nel medesimo reato sarebbe comunque connotato da crudeltà, poiché dalla visione del video emerge chiaramente come si sia trattato di contegni eccedenti la normalità causale, in quanto inflitte in danno di detenuto psichiatrico, in quegli specifici momenti apparso completamente inerme e disteso sul pavimento alla mercé degli agenti, senza alcuna reazione, venendo dunque ad essere connotate da sofferenze aggiuntive ingiustificate”, scrive la giudice nella sentenza. Altri 11 imputati, tra infermieri e agenti, 5 dei quali rispondono del reato di tortura, sono a processo con rito ordinario

“Il detenuto si trovava in stato di privazione della libertà personale e comunque in condizione di minorata difesa e al momento della condotta aggressiva giacente in terra, da solo, al cospetto di un numero cospicuo di agenti”, si legge ancora nella sentenza. “Le gravi violenze esercitate sulla vittima hanno comportato acute sofferenze fisiche e ragionevolmente anche un verificabile trauma psichico contro un soggetto di fatto innocuo”, scrive la gup. Con lo stesso provvedimento è stato anche condannato a un anno e due mesi per omessa denuncia (pena sospesa) il medico dell’infermeria Gianluca Palumbo, mentre l’agente Roberto Macchia è stato assolto «perché il fatto non costituisce reato» dall’accusa di rifiuto d’atti d’ufficio.