La commissione d’accesso nominata dal Viminale, che dovrà verificare la presunta esistenza di infiltrazioni mafiose ed eventualmente sciogliere il consiglio comunale di Bari, ha iniziato oggi ufficialmente il suo lavoro. I tre componenti, il presidente Claudio Sammartino, prefetto in pensione; Antonio Giannelli, viceprefetto; e Pio Giuseppe Stola, maggiore della Scico, il servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata della guardia di finanza, hanno un loro ufficio in prefettura. Qui hanno iniziato a leggere il voluminoso fascicolo della Dda in cui sono contenute le accuse che hanno portato a febbraio all’arresto di 130 persone tra cui la consigliera comunale Carmen Lorusso e suo marito Giacomo Olivieri, ex consigliere regionale, accusati di voto di scambio politico-mafioso.
Anche l’amministrazione comunale ha prodotto un dossier di migliaia di pagine con tutte le attività antimafia del Comune guidato dal sindaco Antonio Decaro.
La commissione potrà chiedere altra documentazione e fare audizioni. I tre commissari hanno tre mesi di tempo, prorogabili a sei, per fare una relazione da consegnare al prefetto che, solo a quel punto, dovrà tirare le conclusioni e formulare una proposta al ministro dell’Interno. Un eventuale scioglimento dovrà essere disposto con decreto del presidente della Repubblica, su proposta del ministro dell’Interno, previa deliberazione del Consiglio dei ministri entro tre mesi dalla trasmissione della relazione. Un tale provvedimento quindi andrebbe a colpire il nuovo consiglio comunale, per il quale si vota l’8 e il 9 giugno prossimi. Ieri i commissari hanno incontrato il sindaco Decaro e il direttore generale del Comune, Davide Pellegrino.
Compito della commissione sarà quello di verificare – spiega l’articolo 143 del testo unico degli enti locali – la sussistenza di “concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori, ovvero su forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati”.