Ha ribadito di aver cercato di salvare e rianimare la moglie dopo un incidente stradale in cui l’auto ha preso fuoco. Questa la linea che il 65enne di Gravina in Puglia (Bari) Giuseppe Lacarpia ha tenuto ieri, nel corso del suo interrogatorio svoltosi in carcere a Bari davanti alla gip Valeria Isabella Valenzi. Lacarpia è accusato dell’omicidio volontario (con le aggravanti del legame di parentela, della premeditazione e della crudeltà) della moglie Maria Arcangela Turturo.
I fatti risalgono alla notte tra sabato 5 e domenica 6 ottobre: per l’accusa, Lacarpia avrebbe prima dato fuoco alla macchina mentre la moglie era ancora all’interno e poi, quando la donna ha provato a fuggire, l’avrebbe immobilizzata a terra causandole fratture alle gambe e al torace. La donna è poi morta nell’ospedale di Altamura, in cui era stata trasportata. Lacarpia, fermato e portato in carcere domenica 6 ottobre, non ha assistito all’udienza di convalida del suo fermo perché in ospedale: il giorno dopo il suo ingresso in carcere, infatti, è stato portato al Policlinico di Bari (in cui è rimasto ricoverato per alcuni giorni) per le conseguenze di una caduta dal letto della sua cella.
Ieri, nel rispondere alle domande del gip, ha confermato la versione data ai soccorritori intervenuti sul posto. Lacarpia, scrive ancora la gip nell’ordinanza con cui, pur non convalidando il fermo, ne ha disposto la detenzione in carcere, «ha infierito sulla moglie, riprendendo la condotta pochi secondi dopo essersi fermato, a dimostrazione dell’intenzione di eliminarla, verosimilmente per impedirle di denunciarlo». E per l’uomo, che soffre di problemi neurologici, «non vi sono seri dubbi, in questa fase, in merito all’imputabilità dello stesso». A sostegno della tesi dell’accusa c’è un video di pochi secondi, girato da una ragazza che quella notte passava di là in macchina con alcuni amici, in cui si vedrebbe Lacarpia immobilizzare la donna a terra.