“Su nostro padre sono state riportate troppe cose inesatte. Era un professionista esemplare, ci manca tantissimo e non ha mai avuto problemi con nessuno. Nei cinque mesi di indagine abbiamo scelto di rimanere in silenzio, affidando le nostre speranze al lavoro della magistratura. Ora però abbiamo deciso di chiarire alcune cose sulla causa civile iniziata del 2019 e ripresa contro me, mio fratello e mia madre, gli eredi di mio padre. La cosa principale, e che non sempre è stata riportata correttamente, è che la causa è ancora in corso e ancora non c’è nulla di concreto. E poi che si tratta di una causa civile”.
Queste sono le parole di Luca Di Giacomo, figlio di Mauro, il fisioterapista ucciso a Bari la sera del 18 dicembre 2023 sotto la sua abitazione a Poggiofranco da Salvatore Vassalli.
“Era un punto di riferimento per tutti quelli che hanno lavorato con lui – le sue parole in un’intervista al Corriere del Mezzogiorno -. E lo testimonia il fatto che in oltre 30 anni di carriera sia stato costretto a difendersi solo in un’occasione, nel 2019. Quella della famiglia di Vassalli è stata una vera e propria persecuzione nei confronti di mio padre, che ormai dura da sei anni. Trovo sia assurdo che si ostinino a cercare un qualcosa da noi. Da parte loro non sono mai arrivate scuse, né una lettera né nulla. Anzi, dalla scelta della figlia di far ripartire la causa contro la mia famiglia si capisce come vogliano fare di tutto, tranne che porgerci delle scuse”.
“Noi stiamo andando avanti, ognuno di noi con la propria vita e i propri problemi. Dopo il delitto sono entrato in terapia, e questo penso possa far capire che brutta botta sia stata. Ma per quanto possibile, io e la mia famiglia cerchiamo di essere presenti a ogni udienza. Speriamo ci sia giustizia per papà , perché se lo merita e perché si è cercato in ogni modo di infangare la sua memoria – conclude -. Cosa mi manca? Tutto, a partire dalla sua presenza. Mi manca non poter andare allo stadio con lui o non poterci contare. Collaborava con me a una testata per la quale lavoro, aiutandomi con pareri medici sugli infortuni dei calciatori. Il pomeriggio di quel maledetto 18 dicembre mi mandò un messaggio, chiedendomi se andasse bene una foto a corredo del pezzo che aveva mandato. Rivedere quei messaggi mi fa sentire ancora di più la sua mancanza”.