La gip del tribunale di Bari Anna Perrelli ha disposto la custodia in carcere nei confronti del 54enne albanese accusato di aver accoltellato la moglie 43enne la sera del 20 maggio ad Acquaviva delle Fonti. L’uomo, che ha confessato, è accusato di tentato omicidio aggravato dalla premeditazione e dall’aver commesso il fatto in danno della coniuge convivente. Secondo la ricostruzione fatta dagli inquirenti, aiutati dalla testimonianza della figlia 16enne della coppia, il tentato omicidio sarebbe avvenuto al termine di un litigio scoppiato perché l’uomo si opponeva alla volontà della donna di divorziare. Durante la lite il marito avrebbe preso un lungo coltello dalla cucina dell’abitazione, seguendo la moglie che era andata sul terrazzo per stendere il bucato, e l’avrebbe colpita con almeno tre coltellate al torace e all’addome, provocandole una grave lesione al polmone.
A salvare la donna è stata proprio la figlia di 16 anni che, dopo aver sentito dei rumori provenienti dal terrazzo, secondo la ricostruzione del gip, “si è frapposta tra suo padre e sua madre, evitando che quest’ultima venisse ulteriormente colpita”. La ragazza ha poi visto il coltello cadere per terra, lo ha raccolto e lo ha lanciato fuori dal terrazzo, prima di bloccare il padre e permettere alla madre di fuggire per strada e chiamare i soccorsi. Ricoverata al Policlinico di Bari, la donna è stata operata e le sue condizioni sono in via di miglioramento. Dopo l’accoltellamento, e diversamente da quanto emerso in un primo momento, l’uomo si è recato spontaneamente nella stazione dei carabinieri del suo paese ammettendo quanto aveva fatto e manifestando “pentimento e proposito di suicidio”. L’uomo è attualmente sotto processo per maltrattamenti nei confronti della moglie (“se parli con qualcuno di quanto succede in casa, ti ammazzo”, le avrebbe detto in un’occasione) e la figlia ha dichiarato agli inquirenti di aver visto, in passato, il padre picchiare la madre. Per la gip, quindi l’uomo ‘ha manifestato un’indole particolarmente violenta, ponendo in essere i comportamenti riprovevoli dei quali si è reso autore in misura sempre crescente, dimostrando di non essere in grado di dominare i propri impulsi criminali’. Per questo, riconoscendo dolo diretto nelle sue azioni, ne ha disposto la custodia cautelare in carcere.