Mamma Rosanna non si è mai arresa e neppure noi di Quinto Potere. Il gip ha riaperto il caso del suicidio di Umberto Paolillo, l’agente penitenziario che si è tolto la vita nella notte tra il 17 e il 18 febbraio del 2021, rigettando l’archiviazione e disponendo ulteriori 90 giorni di indagini per fare chiarezza sul caso. Abbiamo seguito la storia, cercando anche di parlare con i diretti protagonisti di questa brutta vicenda. Siamo tornati da mamma Rosanna dopo la riapertura delle indagini.
“Non posso spiegare la felicità che ho avuto dopo aver appreso la notizia, finalmente qualcosa si muove dopo tre anni di silenzio. Voglio la verità, vivo per la verità. Umberto è stato ucciso da loro. Dio è grande, devo ringraziarlo che mi ha fatto incontrare questo giudice che ha letto le carte e che ha capito cosa si può nascondere dietro. Ha capito cosa gli hanno fatto, Umberto è stato ucciso due volte – spiega mamma Rosanna -. Non mi stancherò mai di dirlo, si poteva evitare questa morte. La prima volta lo hanno ucciso deridendolo e maltrattandolo. La seconda dandogli la pistola. Bastava vedere le condizioni di mio figlio, non la si doveva dare, non era in condizioni di prenderla. Non stiamo parlando di un giocattolo. Umberto la pistola non l’ha mai usata per 33 anni e gliela vanno a dare in quel momento. Il portiere era indeciso, il superiore invece gli ha dato il via libera anche con modi bruschi come se si volessero liberare di lui. Non capisco come hanno potuto dargliela con una certa facilità. A chi ha dato la pistola dico che è un uomo superficiale, senza cuore, la sua coscienza sarà sempre così, per tutta la vita. Hanno rovinato la nostra famiglia, hanno rovinato la mia vecchiaia. La verità deve uscire fuori, non mi fermerò, avviso tutti. Chi sa è meglio che parli prima che la verità esca a galla”.