Torniamo ad occuparci della storia del suicidio di Umberto Paolillo, l’agente penitenziario che si è tolto la vita nella notte tra il 17 e il 18 febbraio dello scorso anno. Lo facciamo ancora una volta con mamma Rosanna. “Dopo un anno e mezzo di richieste, sono venuti a prendere il vestiario di Umberto – racconta -. Ma è arrivato anche qualcosa che non mi aspettavo, ovvero la medaglia d’argento di commiato”. Le domande sono tante, ma Rosanna sembra essere decisa. “Non la voglio, non mi serve, la darò indietro – spiega -. Mio figlio è stato ucciso per la terza volta, possibile che la gente sia così malvagia. Tramite l’avvocato ho saputo che altri provvedimenti che avevano preso per mio figlio sono al provveditorato di Bari”.
Il fascicolo per l’apertura del procedimento civile non è stato ancora depositato, sono venuti fuori altri documenti dove all’interno ci sarebbero delle dichiarazioni di alcuni sindacalisti che hanno difeso nel tempo Umberto. Il procedimento penale potrebbe essere invece giunto alla conclusione. “Sono usciti nuovi fatti e nuove certezze, ora cercheremo di andare in fondo alla situazione – aggiunge Rosanna -. La battaglia non si ferma, non mi arrendo. Spero prima di morire di avere la verità. Non mi fermo finché non l’avrò”. Rossana, prima di salutarci, lancia un appello e ricorda a tutti l’associazione “Diritto è Vita“ nata proprio in ricordo di Umberto, creata insieme a Ernesto Paolillo, l’avvocato Antonio La Scala e l’avvocato Laura Lieggi, che si pone l’obiettivo di dare ascolto e voce a chi, durante l’espletamento lavorativo, chiede aiuto perché non riesce ad arginare l’ansia e lo stress derivanti da situazioni imposte o da comportamenti illegittimi.