“In scadenza di mandato (decennale) da sindaco di Bari, Antonio Decaro, anche come presidente dell’Anci, ha chiesto ripetutamente, in molte sedi, anche istituzionali, l’abolizione del vincolo del doppio mandato per i sindaci, introdotto dalla legge che riformò completamente l’elezione dei sindaci e i poteri degli stessi. Il suo scopo, evidente, è quello di rimuovere le norme che oggi gli impediscono di ricandidarsi, ancora, per la terza volta. A sostegno di questa pretesa, Decaro ha portato una serie di argomentazioni. È arrivato addirittura ad affermare l’illegittimità costituzionale della legge che limita a 10 anni e a 2 mandati consecutivi funzioni e ruolo di sindaco. Tesi e parole gravi che, invero, si possono confutare sentenze della Corte Costituzionale alla mano. E anche con i commenti politici e dottrinari seguiti alle decisioni della Consulta”. Inizia così la dichiarazione di Giuseppe Carrieri, vice Commissario di Forza Italia per l’area metropolitana di Bari.
“Proprio nel 2023, infatti, con la sentenza n. 60, i giudici costituzionali hanno ribadito come la previsione di un limite di legge alla ricandidabilità dei sindaci sia un «punto di equilibrio tra il modello dell’elezione diretta del sindaco e la concentrazione del potere in capo a una sola persona che ne deriva», sistema che può produrre «effetti negativi anche per la par condicio delle elezioni successive, suscettibili di alterazioni per rendite di posizione». La Corte, dunque, ha affermato – alla luce dall’evoluzione normativa e giurisprudenziale – che il limite del doppio mandato incide sulle condizioni di accesso alla carica apicale di un importante ente locale come il Comune, con rilevanti ricadute sull’assetto complessivo dell’ente medesimo. E si giustifica in quanto punto di equilibro tra esigenze plurime di rilievo costituzionale e come scelta normativa necessaria per garantire ulteriori diritti e principi costituzionali fondamentali, come l’effettiva par condicio tra i candidati; la libertà di voto dei singoli elettori; la genuinità complessiva della competizione elettorale; e il fisiologico ricambio della rappresentanza politica per evitare eccessi di professionismo amministrativo. La legge che introduce il limite di due mandati, inoltre, preserva e tutela il principio contenuto nell’art. 51 della Costituzione, posto a garanzia generale ed effettiva di un diritto politico fondamentale di libertà di accesso a cariche apicali riconosciuto a ogni cittadino. Un diritto definito inviolabile anche da un’altra sentenza della Corte Costituzionale, la n. 277 del 2011. E l’introduzione anche solo di un ulteriore mandato (che innalzerebbe il limite da due a tre), secondo la Corte, avrebbe un’incidenza significativa, considerata la durata quinquennale di ogni mandato, e violerebbe inevitabilmente il principio di uguaglianza nell’accesso alle cariche elettive, sancito dagli articoli 3 e 51 della Costituzione”.
“Non a caso, la Corte ha messo in guardia il legislatore rispetto a modifiche parziali che possano apparire marginali, ma che tali non sarebbero, perché passare da un limite di 2 mandati a uno di 3, se non oltre, vorrebbe dire estendere di molti anni la possibile permanenza al potere di una figura dotata di prerogative e poteri di cui altri soggetti politici (consiglieri/assessori/parlamentari) non dispongono. Sul tema la Corte ha più volte ricordato che l’esercizio prolungato del potere è fatalmente destinato a “consolidare un forte legame con una parte dell’elettorato, connotato da tratti peculiari di prossimità”, ossia, in altre parole, a favorire le clientele. Il che, ovviamente, può creare le condizioni per forti squilibri democratici, riducendo la possibilità di elezione di chi non può contare su un analogo “radicamento”. Al contrario il limite dei mandati favorisce un’uguaglianza più “sostanziale” per i concorrenti alla carica da eleggere. Quanto più il sindaco uscente può reiterare le proprie candidature ed esercitare un ruolo invasivo sulla libertà del corpo elettorale, tanto più l’uguaglianza sostanziale nell’accesso a questa carica sarà pregiudicata – aggiunge Carrieri -. In definitiva, quindi, il limite è stato giustamente introdotto – come detto – per “evitare eccessive possibili incrostazioni e concentrazioni personali di potere; per favorire il ricambio della classe dirigente locale; per evitare eccessi di professionismo amministrativo; per agevolare la libera e genuina espressione del voto popolare e la primaria esigenza dell’autenticità della competizione elettorale”. E ciò in ragione della “peculiare pervasività dei poteri del sindaci, che potrebbero essere utilizzati per distorcere la competizione elettorale e alterare le pari opportunità fra tutti i competitori”.
“A queste argomentazioni e statuizioni della Corte Costituzionale, inoltre, si aggiungono le riflessioni sul tema della dottrina, secondo cui il limite dei due mandati si inquadra a pieno titolo nella tradizione del costituzionalismo, in quanto: “se il costituzionalismo è soprattutto una tecnica per definire e limitare il potere in funzione delle libertà, allora una norma giuridica volta a limitare l’esercizio reiterato e continuativo del potere si inscrive chiaramente nella logica dei principi del costituzionalismo”. Per la dottrina, inoltre, il principio della rotazione degli incarichi pubblici e del ricambio dei ruoli politici e amministrativi è proprio delle liberal democrazie. Mentre le dittature, in genere, e i regimi comunisti, in particolare, si affidano a governanti “eterni”, che esercitano il potere per tanti anni con potenziali gravi conseguenze per le popolazioni. La giurisprudenza e la dottrina, dunque, confutano platealmente le tesi perorate da Decaro sulla presunta anticostituzionalità del limite e le suggestioni divulgate dallo stesso sindaco uscente negli ultimi mesi sui media – conclude -. Anche sulla genuinità e obiettività di tali tesi sussistono forti dubbi, considerato il chiaro interesse personale che ha Decaro sulla questione. Non prenderne atto è una sonora caduta di stile, che si somma all’assoluta infondatezza giuridica delle argomentazioni, avanzate per tentare di abolire un limite di legge posto a tutela della democrazia, dei concorrenti, dei cittadini e dei principi costituzionali”.