Incardinata nella seduta congiunta delle Commissioni II e VI, la proposta di legge di modifica della normativa vigente in materia di politiche attive per il lavoro, la cui approvazione è stata rinviata a mercoledì prossimo per ulteriori approfondimenti tecnico-normativi.
In particolare, la modifica proposta ed illustrata dal presidente della II Commissione, firmata anche da tre consiglieri del PD, va a sostituire la figura del direttore generale di ARPAL con quella dell’amministratore unico, specificando al meglio i criteri di comprovata esperienza e competenza in diritto del lavoro, che devono riguardare il titolo culturale più aderente alla competenza in diritto del lavoro (laurea magistrale in giurisprudenza o economia). Tutto ciò implicherebbe la decadenza dell’attuale manager, Massimo Cassano.
Circa l’esperienza, invece, si fa riferimento all’espletamento di ruoli di dirigenza per oltre cinque anni nella pubblica amministrazione, ovvero all’incarico di professore universitario di ruolo nelle materie giuridiche o economiche, o l’iscrizione da almeno dieci anni nell’elenco degli avvocati patrocinanti presso le magistrature superiori. Altra modifica riguarda la norma transitoria, che determinerebbe la decadenza del direttore generale in carica con l’entrata in vigore della legge e nelle more, l’attribuzione delle funzioni di gestione ordinaria al direttore del Dipartimento regionale politiche del lavoro, istruzione e formazione, senza ulteriore compenso.
“Un’ampia maggioranza trasversale in Commissione ha chiesto un breve rinvio per approfondire la proposta di legge di riforma dell’Arpal, e soprattutto per riflettere sull’amministratore unico, come prevede la proposta di legge, o sul consiglio d’amministrazione, come invece proposto da un collega di minoranza e sostenuto da altri colleghi della maggioranza – ha dichiarato il presidente della Commissione regionale bilancio e programmazione, Fabiano Amati -. Ho ricordato ai colleghi di aver sottoscritto la proposta di legge per superare le attuali opacità di gestione, senza stendere veli di silenzio imbarazzato, e imponendo requisiti professionali e culturali più esigenti nella istituenda figura dell’amministratore unico. La proposta alternativa del Consiglio di amministrazione al posto dell’amministratore unico, mi trova dissenziente perché i CdA sono generalmente strumenti di gestione rappresentativa di più soci e dunque poco confacenti alle agenzie pubbliche, ove l’unico socio dovrebbe essere il buon governo. Se potessi usare un’espressione meramente icastica per rappresentare il punto di vista, mi verrebbe inoltre da evidenziare la necessità di evitare che con l’eventuale istituzione del CdA si pongano i presupposti fondativi di una nuova lista civica, perché a tacer d’altro non ci sarebbe più spazio per stampare il riquadro sulle schede elettorali del futuro”.
“L’Arpal oggi, in queste condizioni, è una struttura fallimentare e fin qui siamo tutti d’accordo. Ma pensare di rilanciare l’attività dell’agenzia solo innalzando il livello culturale e formativo richiesto ai vertici apicali, senza cambiare gli obiettivi strategici dell’ente, significa cadere nel tranello della vecchia politica: si cambiano i nomi, ma la sostanza è sempre la stessa”. Così il vicepresidente della I Commissione, il consigliere regionale di Forza Italia, intervenendo oggi durante l’esame della pdl sull’Arpal nella seduta congiunta delle Commissioni II e VI. “Se si tratta di una legge proposta solo per ‘far fuori’ qualcuno dall’agenzia è un conto; ma se si vuole conferire un valore politico superiore al provvedimento, non basta imporre criteri culturali più elevati all’amministratore unico: serve rilanciare la linea dell’ente, con obiettivi nuovi e una visione precisa per il suo rilancio affinché sia all’altezza della missione. Potremmo assistere alla nomina di un luminare della materia, ma senza una nuova linea di lavoro dell’intera agenzia, anche lui probabilmente non potrebbe produrre risultati significativi. Per questo, approfondiremo il testo e di sicuro non perderemo l’occasione di proporre delle modifiche: a partire dalla necessità di integrare l’impianto normativo con obiettivi strategici dell’agenzia, dal momento che nella proposta che abbiamo esaminato questa parte, semplicemente, non c’è”.
“Più volte ho chiesto un cambio di passo alla guida dell’Arpal ritenendo quantomeno poco opportuno che il direttore generale (all’inizio commissario straordinario) fosse anche a capo di un partito politico. Per questo sono assolutamente favorevole alla proposta di legge incardinata oggi che va a modificare l’art. 9 della legge istitutiva dell’Agenzia prevedendo la sostituzione della figura del direttore generale con quella dell’amministratore unico, con requisiti ben determinati e la selezione effettuata con le modalità previste per i direttori di dipartimento. Una proposta che condivido nel merito, ma meno nel metodo, perché presenta diversi rilievi tecnici. Dispiace aver perso tempo prezioso, dal momento che lo stesso risultato, ovvero la decadenza del direttore generale, lo si sarebbe potuto ottenere già da tempo se solo fossero state approvate le tante mozioni presentate negli anni, che non sarebbero state soggette a rilievi da parte della Corte Costituzionale. L’auspicio è che in questa ulteriore settimana che ci si è presi per esaminare la norma si riescano a trovare soluzioni ai dubbi sollevati dall’ATN, migliorando così le criticità evidenziate”. Lo dichiara la consigliera del M5S Antonella Laricchia, a margine della seduta congiunta delle Commissioni II e VI in cui è stata incardinata la proposta di legge con cui si va a modificare l’art. 9 della legge istitutiva dell’Arpal, riguardante gli organi di vertice dell’Agenzia.
“Quanto sta accadendo – continua l’esponente del movimento – conferma ancora una volta la necessità di procedere alla calendarizzazione della proposta di legge che ho presentato lo scorso anno, che punta ad introdurre una nuova procedura più trasparente e meritocratica per la nomina e la designazione di incarichi di competenza regionale. Bisogna liberare questi incarichi dalle ingerenze politiche, per questo nel testo propongo che non possano essere conferiti a chi abbia avuto incarichi direttivi o esecutivi regionali o nazionali in partiti e movimenti politici e neanche ai candidati non eletti alle elezioni regionali, per i cinque anni successivi all’elezione stessa. Le sole logiche da seguire quando parliamo di agenzie che offrono servizi essenziali per i cittadini devono essere quelle della meritocrazia e professionalità”