Il colmo per una città rischio commissariamento, con la mafia capace di ramificarsi ovunque sotto gli occhi di tutti, con un Sindaco da quasi dieci anni sotto scorta, è assistere inermi a quanto accade ogni giorno nel centro storico. Siamo stati minacciati di morte perché abbiamo denunciato i supermercati abusivi dell’Arco Basso, dove le orecchiette fatte a mano non sono più l’unica mercanzia (per la verità neppure sono tutte fatte a mano). Siamo stati minacciati di morte perché dall’altro capo della città vecchia si vendono indumenti e “bottiglie” in nero, senza contare il vicino bazar della droga. Siamo stati aggrediti e minacciati di morte al Molo San Nicola, perché abbiamo messo in discussione la moda dei piattini di crudo.
Insomma, sembra quasi che qualcuno abbia inaugurato una specie di zona franca. In cambio di cosa? La questione delle orecchiette, poi, è molto particolare, perché mentre da un lato si multa il disperato che vende frutta senza licenza, dall’altro alle signore delle strascinate si consente di aprire veri e propri supermercati, con la certezza della totale assenza di controlli. E tutto questo nonostante in passato gli fosse stata data la possibilità, rifiutata senza mezzi termini, di riunirsi e mettersi in regola. Il nero, si sa, sfina e pure parecchio.
Mentre si sbraita che non siamo una città di “malandrini”, in alcuni per giunta spregiudicati, diamo al mondo l’idea che a Bari lo Stato abbia abdicato e si porta persino il Presidente del Consiglio a fare la foto di rito mentre finge di interessarsi delle orecchiette. Fin quando ci hanno fatto credere di voler rendere regolare l’attività di famiglia, che include anche quella di ristoratori e albergatori fai da te, con le nostre mitologiche signore abbiamo anche scherzato. Oggi, però, anche alla luce di quanto sta emergendo dall’inchiesta della Dda, non c’è più niente da ridere.
Per cercare di capire chi davvero comanda nella città più ipocrita d’Italia siamo voluti tornare a Barivecchia, dalle amate signore di Barivecchia. La maggior parte di loro si è rintanata in casa, qualcun altra ha dato sfogo a tutta la propria rabbia. Sì, perché quando dici che quello non è più tradizione come poteva esserlo fino a 10 o 15 anni fa, scateni l’ira della massaia funesta. E allora anche una nonnina può dire al lurido giornalista: “Non ci fosse la galera, ti avrei già ucciso”. Siamo del parere che la città è di tutti, non solo di chi fa il furbo o riesce – non si sa per quale oscuro motivo – a ottenere che l’illegalità diventi regola.
La provocazione ha rischiato di precipitare da un momento all’altro, ma siamo convinti che, a maggior ragione oggi, non si possa più restare indifferenti e dire senza se e senza ma da che parte stiamo. Antonio ha rischiato l’infarto, è dovuto scendere al livello delle massaie funeste e dei loro uomini pronti a gestire i traffici di pasta ormai trafilata a macchina, taralli di tutti i tipi e le forme, pomodori secchi, sott’olio, biscotti della nonna e pure della zia, senza contare la merce stagionale.
Editoriale
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