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Bari, i migranti del Cara di Palese scrivono al Prefetto: “Viviamo con i topi chiediamo più dignità. Basta sfruttarci”

12 Dicembre 2024
– Autore: Raffaele Caruso
12 Dicembre 2024
– Autore: Raffaele Caruso

Chiedono “migliori condizioni di vita” all’interno del Cara di Bari, con “alloggi più grandi”; che “tutti i richiedenti asilo che entrano nel Centro siano ascoltati dalla commissione entro un massimo di sei mesi”; e ritengono sia una “vergogna che si continui a sfruttare i residenti del Cara come lavoratori agricoli”.

Sono questi alcuni dei punti contenuti in una lettera che gli ospiti del centro accoglienza per richiedenti asilo hanno protocollato questa mattina in prefettura a Bari. Si tratta di una delle iniziative intraprese, con il sostegno di alcune associazioni tra cui Fuorimercato, dopo la morte il 4 novembre scorso del 33enne Bangaly Soumaoro, che viveva nel Cara e che è deceduto in ospedale. Per la sua morte sono indagati nove operatori sanitari.

I migranti ricordano che il 22 novembre hanno pubblicato un video che denunciava lo stato dei bagni, “sporchi, allagati e senza acqua calda”, e sottolineano che “negli ultimi giorni le condizioni sono migliorate”. Quanto alla condizione dei container “in cui molti di noi dormono – spiegano – si tratta di piccole strutture metalliche in cui otto a dieci persone sono costrette a dormire in letti a castello, senza alcuna privacy. Siamo costretti a vivere con infestazioni di scarafaggi, topi e cimici”.

Sull’attesa per i colloqui con la commissione, i richiedenti asilo ricordano che “quando siamo arrivati ci è stato comunicato che il tempo di attesa doveva essere compreso tra i tre e i sei mesi” ma “molti di noi aspettano da oltre un anno e non abbiamo ancora ricevuto un appuntamento. Questi ritardi inaccettabili ci lasciano in un limbo mentalmente e fisicamente distruttivo, senza libertà di movimento”.

“Vorremmo inoltre richiamare l’attenzione sulla questione degli orari di apertura del cara – proseguono -. In precedenza i cancelli si aprivano alle 6.30 del mattino, costringendo coloro che iniziano a lavorare presto, molti dei quali sono lavoratori agricoli, a scavalcare le recinzioni di filo spinato. Ora i cancelli si aprono alle 4.30 del mattino, tuttavia coloro che escono presto per andare al lavoro spesso lavorano in condizioni estremamente precarie, senza contratto, senza busta paga e quindi senza protezione legale o medica sul posto di lavoro”.