Il comandante della Polizia Locale, Michele Palumbo, ha di nuovo il piccio. Il vero problema sta nell’incapacità di scindere il ruolo istituzionale da quello personale. Più per autoreferenzialità che per autentica utilità, il comandante aveva attivato un gruppo WhatsApp allargato e giornalisti, operatori e chiunque altro avesse modo di divulgare l’operato – la parte gradita – della Polizia Locale. Niente di nuovo sotto il cielo di Bari e d’Italia. Palumbo, però, ha sempre sostenuto che quello non fosse un gruppo professionale, ma una specie di favore che faceva agli organi di informazione. I nostri lettori più accaniti ricorderanno la “litigata” tra me e il comandante in occasione dell’articolo in cui raccontavamo di come un’auto civetta impegnata a multare i ristoratori del centro fosse stata multata da due vigili urbani ignari del fatto che quell’auto appartenesse alla stessa Polizia Locale.
In quell’occasione Palumbo cancellò me e i miei colleghi dal gruppo. E in quella circostanza non intervenne nessuno. Non disse una parola l’Ordine dei giornalisti, non scrisse l’Assostampa e nemmeno i colleghi presenti nel gruppo – stando a quando mi risulta, essendo stato cacciato – fecero notare l’assurdità della decisione. Niente. Cercai di far capire al comandante che Antonio Loconte è cosa diversa dal direttore di una testata giornalistica regolarmente iscritta al Registro della stampa del Tribunale di Bari. Provai persino a mettere in mezzo i cosiddetti amici comuni, ovviamente di un certo calibro, senza neppure ottenere il piacere di un incontro.
Il consiglio fu mite, però, e due dei colleghi furono pietosamente reintrodotti in quel gruppo. Per molto tempo siamo stati comunque i primi a pubblicare alcune notizie, che nel gruppo non erano per niente menzionate o pubblicate con un certo ritardo e pochissimi particolari. Del resto il lavoro del giornalista è andare a cercarsele le notizie, non aspettare che qualcuno le diffonda a proprio uso e consumo. Un mese fa al comandante è tornato il piccio, ma questa volta non contro quintopotere.it. Alcuni colleghi si sarebbero macchiati del tremendo reato di aver fatto i giornalisti – ogni tanto capita -, invece di limitarsi a pubblicare le notiziole che Palumbo voleva fossero date in pasto all’opinione pubblica. Non siamo mai stati dolci di sale quando abbiamo criticato l’operato di certi uomini in divisa – siamo stati anche denunciati in un paio di occasioni, una volta proprio nel caso dell’auto della Polizia Locale multata -, ma non abbiamo mai mancato di rispetto a un Corpo che riteniamo prezioso e fondamentale per la gestione stessa della città, a maggior ragione complessa come Bari. L’operato della Polizia Locale e le sue azioni devono essere di dominio pubblico, non siamo certo di fronte all’amministratore di un’azienda privata.
Palumbo ha chiuso il gruppo a tutti, perché non ci siamo limitati a fare l’ufficio stampa. Non ha ritenuto congruo il lavoro della categoria. Ora anche altri colleghi stanno patendo la discriminazione e lo leggiamo in punta di fioretto qua e là. Attenzione, Palumbo non è e non era obbligato ad avere un gruppo WhatsApp e tantomeno a diffondere notizie. Non si tratta tuttavia di Michele che non ha voglia di parlare con Antonio, ma del comandante della Polizia Locale contattato dal direttore di una testata giornalistica o dai suoi colleghi per ottenere precisazioni e chiarimenti su notizie che riguardano il Corpo di cui è a capo. Un Corpo al cui interno cresce il malumore.
Piuttosto che cercare di tenere a bada i giornalisti – calcolando che la maggior parte di noi si tiene a bada da solo -, il comandante Palumbo dovrebbe istruire alcuni suoi uomini al rispetto delle persone e del codice della strada, dovrebbe avere un rapporto più corretto con i sindacati – il riferimento è sempre a quelli che non si limitano ad avallare le sue scelte – e cominciare a spiegare il lavoro della Commissione negli ultimi concorsi. Ma questa è un’altra storia, forse, e ve ne parleremo diffusamente in seguito.
Editoriale
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