All’esito di un importante attività investigativa, avviata dalla Polizia Postale nel settembre 2020 e conclusa nel novembre 2021, la Procura distrettuale di Bari ha raccolto significativi elementi probatori sfociati in una sentenza di condanna, in primo grado di giudizio e quindi non definitiva, nei confronti di un uomo di circa quaranta anni, residente al nord Italia, ritenuto colpevole dei reati di violenza sessuale con l’aggravante della sostituzione di persona, pornografia minorile, detenzione di materiale personale pedopornografico.
In sede di giudizio abbreviato, riconosciuto il vincolo di continuazione nella realizzazione dei delitti indicati, in data 7 giugno ultimo scorso, il GUP ha condannato l’imputato alla pena di anni sei e mesi due di reclusione ed alla multa di 40.000 euro oltre alla pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici e da qualsiasi ufficio che comporti tutela, curatela, amministrazione di sostegno o rapporto di insegnamento a contatto con i minori.
Dal Novembre 2021, l’imputato è ristretto, in stato di custodia cautelare in carcere, proprio per la pericolosità riscontrata durante la fase dell’attività investigativa che ha disvelato una serie di attività adescatorie, di violenza sessuale e di detenzione di materiale pedopornografico, in danno di quattro ragazze, minori di età. Le indagini sono state avviate nel settembre 2020, allorquando la Polizia Postale di Foggia riceveva una denuncia da parte di un genitore che aveva rinvenuto all’interno del proprio cloud (collegato all’account di posta elettronica condiviso con la figlia di appena anni 12), delle immagini autoprodotte a contenuto sessualmente esplicito.
In stretto raccordo con la Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Bari, si scopriva che la minore aveva inviato le sue foto intime, su richiesta del suo “fidanzato virtuale” che aveva conosciuto sul noto social “Instagram”. Costui le raccontava che, pur essendo di Milano, viveva a Roma facendole credere di essere un giocatore delle giovanili di una nota squadra di calcio militante in serie A, inviandole una sua fotografia in cui era ritratto con indosso la maglia della squadra.
Venivano quindi acquisiti tutti i dati informatici di interesse, relativi all’account Instagram sospetto che veniva costantemente monitorato: la maggior parte dei “follower” e “following” del profilo anzidetto risultavano infatti appartenere a ragazze minori degli anni 18. Valutata la condotta adescatoria dell’uomo, che poteva degenerare in ben più gravi fatti illeciti, la Procura della Repubblica presso il tribunale di Bari approfondiva l’investigazione delle sue condotte “virtuali”.
Avvalendosi della Polizia Postale, venivano avviate attività tecniche di intercettazione telematica sulle utenze in uso all’indagato. Ciò consentiva di verificare che lo stesso, utilizzando le medesime modalità, e fingendosi un giocatore delle giovanili di una nota squadra di calcio di serie A, aveva adescato ulteriori ragazze minori con le quali manteneva un rapporto virtuale e dalle quali si faceva inviare dei video e foto di natura pedopornografica autoprodotti dalle stesse. In particolare, con una di queste ragazze, l’indagato era andato ben al di là della semplice “conoscenza virtuale”.
Infatti le intercettazioni consentivano di appurare una grave pericolosità dell’arrestato, scoprendo che lo stesso si era recato presso la città di residenza della minore, l’aveva inizialmente pedinata ed anche fotografata.
Considerata la gravità delle evidenze, la pericolosità dell’indagato che effettuava veri e propri adescamenti seriali fino ad arrivare a pedinare le potenziali vittime, nonché l’urgenza di bloccare l’attività delittuosa, l’Autorità Giudiziaria emetteva un decreto di perquisizione domiciliare e personale a carico dell’indagato, tempestivamente eseguito da personale della Polizia Postale e delle Comunicazioni nel mese di dicembre 2020. L’esito delle operazioni consentiva di rinvenire sulla rubrica presente sui dispositivi telefonici in uso all’indagato, le utenze di quattro minori già identificate. I predetti dispositivi sottoposti a sequestro venivano quindi “periziati” confermando le fonti indiziarie già raccolte.
L’ufficio del Pubblico Ministero procedeva quindi a richiedere idonea misura cautelare atta ad impedire più gravi conseguenze, tant’è che il Giudice per le Indagini Preliminari emetteva ordinanza di custodia cautelare in carcere, che veniva eseguita in data 04.11.2021 da personale della Sezione di Polizia Postale di Foggia.