“Il desiderio inconfessabile è quello di smedicalizzare il 118, in politichese la chiamano razionalizzazione, ma la verità è un’altra”. Scriveva così Francesco Papappicco sul suo profilo Facebook il 25 ottobre scorso. Da allora non è cambiato nulla: niente soldi dell’accordo ponte e men che meno un trattamento riguardoso nei confronti di chi salva vite a 15 euro all’ora. La sensazione del medico dell’emergenza-urgenza non solo è rimasta, ma si è persino fortificata. Parafrasando il titolo di alcuni film sul tema, si potrebbe dire: fuga dal 118. Sì, perché l’impresa titanica di ogni giorno non vale assolutamente la pena che procura in termini economici e di stress psico-fisico.
“Da qualche giorno gira notizia che i pochi medici del 118 non percepiranno gli emolumenti definiti nell’accordo “ponte” stipulato con la Regione [DGR. 1083 del 27.07.22], accordo che doveva esser valido da agosto a ottobre affinché dopo l’estate si arrivasse a discutere del nuovo Accordo Integrativo Regionale per ridefinire gli aspetti economici, funzionali e organizzativi del SEST”. La voce dunque è diventata certezza, perché dopo l’accredito nello stipendio di settembre, di quanto pattuito con quell’accordo, ovvero 20 euro lorde a ora dalla 168ma in poi già contrattualizzata, non si è vista neppure l’ombra. E non si è visto neppure il cosiddetto riordino delle postazioni 118 che sarebbe dovuto partire a ottobre scorso. Niente soldi per le centinaia di ore lavorate in più nei mesi di settembre e ottobre, in mezzo alla confusione più totale di un sistema che andrebbe piuttosto rifondato e non riordinato. “La Asl non ha fatto partire il riordino previsto ed è in conflitto con la Regione – spiega Papappicco -. Conflitto che andrà inevitabilmente a inasprirsi qualora ai medici del SEST non saranno corrisposte le legittime retribuzioni di straordinario”. Papappicco e altri medici che hanno sollevato la questione, chiedendoci di occuparcene, sostengono che non è un fatto sindacale, ma che sia in ballo la dignità stessa di medici dell’emergenza-urgenza territoriale convenzionata col sistema sanitario nazionale. Nel frattempo ci sono postazioni del 118 del Barese (Giovinazzo, Acquaviva, Gravina e Altamura, per esempio) dove da tempo non si riescono a mettere insieme cinque medici per coprire i turni e allora capita che qualcuno di ore consecutive ne faccia persino 48. Una cosa disumana e contro la legge, senza contare gli esiti in termini di efficienza. Non staremo qui a parlare degli “eroi” del periodo della pandemia, quelli ai quali sono state fatte solo moine. “Tra l’altro si rischia di cadere nella retorica – tuona Papappicco -, per noi parlano i fatti. Le vite salvate e quelle purtroppo perse anche tra noi sanitari. Inutile pure scendere nella descrizione puntuale delle anomalie fossili del 118 regionale e aziendale. Lavorare in queste condizioni per 15 euro nette orarie la dice lunga sulla carenza di organico e sul rifiuto dei giovani medici a scegliere il rischioso e vilipeso 118”. Dei 530 medici previsti in organico regionale ne sono rimasti poco più di 300, con una emorragia persistente di chi abbandona il 118. Il paradosso della burocrazia genera un sorriso amaro.
La Regione che ha scelto e collocato i suoi Direttori Generali, infatti, chiederebbe perché questi ultimi non abbiano adempiuto i loro compiti e per quella che appare una ripicca vorrebbe farne ricadere la “spesa” sui medici superstiti del 118. “Quegli straordinari alle condizioni pattuite, pertanto, devono essere retribuiti ad hoc – aggiunge il medico del 118 -. Questa sorta di apartheid del 118 tuttofare e a costo zero, frutto di una politica di governo regionale miope e scellerata, avrà l’effetto di mortificare ulteriormente i medici ancora in servizio e demotivare i giovani che potrebbero andare a colmare il vuoto di alcune postazioni”. Una stortura generale se si considera quanto venga garantito ad altri colleghi. “Quindici euro netti orari sono imparagonabili ai 60 euro assicurati a medici di Pronto Soccorso per codici bianchi e verdi o ai 100 dati a medici in pensione ancora volenterosi o ‘in affitto’, che alcune Regioni stanno già promuovendo”. In Puglia succede per esempio nei Punti di Primo Intervento Territoriale rimasti aperti nel Brindisino, dove medici in pensione vanno a svernare. “Le sbandierate carenze di medici millantate ad arte dalla Regione sono bugie e scuse dietro le quali si nasconde la triste verità che non si vuol raccontare alla gente – dice piccato Papappicco -. Non trovate medici non perché non ce ne siano, ma perché non volete pagarli quanto meriterebbero. Noi del 118, un migliaio in tutta Italia, quel merito lo dimostriamo ogni giorno per strada, tra la gente. Se quella gente non vedrà più medici sulle ambulanze ne conosca le vere motivazioni. Sulla questione sono intervenute anche alcune sigle sindacali di medici, con l’obiettivo di ristabilire equità e affrontare le numerose problematiche”.