Un presidente mangione. A definire così Pasquale Finocchio, arrestato nel blitz anticamorra contro il clan Moccia, era Francesco Di Sarno della Soloil in una intercettazione. L’aggettivo, secondo i carabinieri del Ros di Napoli, era legato alle tante mazzette che l’imprenditore era costretto a versare al politico barese perché lo aveva aiutato a inserirsi nel mercato pugliese degli oli esausti.
Secondo le ipotesi accusatorie, Finocchio aveva avuto molteplici interessi nei confronti di Di Sarno e quindi del clan Moccia. Infatti secondo le indagini Finocchio avrebbe fatto da intermediario tra Di Sarno e il primo cittadino di Casarano sempre per ottenere il servizio di recupero degli oli usati. Stessa cosa accaduta a Modugno dove, grazie a una amicizia con un funzionario del comune nel barese, l’ex vicepresidente del consiglio comunale di Bari aveva fatto ottenere alla Soloil l’autorizzazione unico ambientale dopo il trasferimento della sede a Modugno.
Una macchina corruttiva che, stando a quanto appreso da repubblica, ha immischiato anche il territorio di Lecce. Una mazzetta, secondo le intercettazioni di un collaboratore di Di Sarno, è stata data anche all’assessore all’ambiente di Lecce, Andrea Guido, nel periodo in cui era viva la campagna elettorale.
Nel frattempo Pasquale Finocchio si professa estraneo ai fatti. Chiarirà la sua posizione con la massima serenità in occasione dell’interrogatorio di garanzia” ha detto l’avvocato Roberto Eustachio Sisto.