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Brap cafè conteso a Bitonto, nessun processo dopo 3 anni. Rosaria: “Chi vuole giustizia resta solo”

14 Gennaio 2022
– Autore: Eleonora Francklin
14 Gennaio 2022
– Autore: Eleonora Francklin

“Chi vuole giustizia in Italia resta solo”. Torniamo a parlare della diatriba che dura da circa tre anni tra Rosaria Decaro e Francesco Brascia per l’acquisto del bar Brap Caffè a Bitonto. A causa della pandemia e del blocco della giustizia, il processo che coinvolge i due bitontini non è ancora iniziato e si aspetta ancora che il giudice monocratico indichi la data dell’inizio dell’udienza per capire chi dei due abbia ragione in merito alla presunta truffa più volte denunciata dalla signora Decaro.

“La storia di Rosaria è emblematica – commenta l’ex consigliere regionale Mario Conca -. Questo senso di impunità e rassegnazione di chi chiede giustizia ma non la ottiene. Guarda caso persone influenti, come è accaduto nei miei confronti, ottengono subito ciò che vogliono dai magistrati, mentre gente che ha bisogno di lavorare deve aspettare i lunghi tempi della giustizia”.

In merito all’accaduto ci sono due versioni. Rosaria Decaro sottolinea di aver comprato il bar dall’amico di famiglia, Francesco Brascia, e di aver aperto ancor prima dell’inaugurazione perché era il sogno di una vita, in cui il compagno ha investito tutti i suoi risparmi. Bar nel quale, al momento di alcuni lavori di ristrutturazione, sarebbero piombati due poliziotti che avrebbero requisito le chiavi del negozio e consegnate a quello che sulle carte era ancora il proprietario. Rosaria afferma di aver pagato interamente la licenza, versando una parte a nero e quindi non tracciabile.

Una versione che viene completamente confutata da Francesco Brascia che all’epoca dei fatti rispose senza remore alle nostre domande. Il signor Brascia ha puntualizzato su tutte le accuse mosse da Rosaria Decaro rimandandole al mittente. Inoltre ha sollevato dubbi in merito alla credibilità della versione presentata dalla Decaro, come ad esempio il fatto che non sia stata pagata tutta la licenza e che manchino all’appello ancora 7mila euro. Inoltre Brascia sottolinea che tra i due vi era un preliminare di vendita con riserva e un patto verbale che permetteva a Rosaria di lavorare prima ancora di concludere l’atto, per darle l’opportunità di guadagnare e di pagare quanto dovuto.

Insomma la diatriba tra Rosaria Decaro e Francesco Brascia, dopo tre anni dall’accaduto, è ancora accesa. Chiunque abbia ragione è ancora in attesa del processo e aspetta che la giustizia faccia il suo corso.