“Non ce la faccio più, mi sento presa in giro”. Inizia così lo sfogo davanti alla nostra telecamera di Antonella. La sua è una storia davvero complicata e la situazione sta degenerando con il passare del tempo. La donna non può più lavorare, vive in una casa all’asta (quella di Roberto Perilli, condannato all’ergastolo e riconosciuto colpevole per essere il mandante dell’omicidio premeditato del collega Giuseppe Sciannimanico, l’agente immobiliare ucciso a 28 anni nel quartiere Japigia di Bari il 26 ottobre 2015) e prima poi dovrà lasciarla, ma non ha un posto dove andare. Percepisce 800 euro al mese e ha cercato di ottenere anche un’emergenza abitativa, ma la risposta è stata negativa a causa della mancanza di alloggi disponibili. Antonella è disposta anche ad ottenerne una per poi aggiustarla a sue spese.
“Ho parlato anche con il presidente dell’Arca, mi ha detto che è il Comune ad assegnare le case, ma il Comune ha detto che è l’Arca a dover dare disponibilità. Sto facendo avanti e indietro, non ho più le forze di combattere – racconta Antonella -. Sono disperata. Dovrò uscire per forza da qua”. Antonella in realtà una casa popolare vuota l’ha trovata. È abbandonata da un anno dopo essere stata occupata abusivamente per mesi, prima di essere incendiata. Abbiamo accompagnato Antonella sul posto per renderci conto in prima persona dello status dell’abitazione e di capire cosa realmente sia successo, anche ascoltando chi abita nello stabile. La natura del rogo è doloso e pare sia stato appiccato per dispetto. “Mi fa male vedere una casa popolare ridotta in queste condizioni – conclude Antonella -. L’aggiusterei lei, tenerla così abbandonata non è giusta. Va data a chi ne ha bisogno, è uno schiaffo a Gesù”.