“Con sentenza del 6 febbraio 2023 il Tribunale di Bari non si è limitato a rigettare il ricorso presentato da un gruppo di lavoratori e pensionati del Comune di Bari, ma ha condannato i danneggiati della decotta Cassa al pagamento delle spese processuali in favore del Comune! Una vera e propria beffa”. Inizia così il comunicato di CISL FP BARI dopo la decisione del Tribunale di Bari.
“Da una rapida lettura della sentenza – dichiara Francesco Capodiferro, segretario generale di Cisl Fp Bari-Bat – si ha l’impressione che l’esigenza di uniformarsi alla corrente di pensiero prevalente nel Palazzo di Giustizia barese, tendente a soffermarsi sulla diversa natura dei due soggetti (Cassa e Comune) e quindi a prosciogliere l’Ente pubblico da qualsiasi responsabilità, prevalga sul merito delle questioni sollevate dai danneggiati tendenti a dimostrare che l’inezia e l’ingerenza del Comune hanno cagionato un danno a una moltitudine di lavoratori del Comune di Bari. Il Tribunale conclude per l’autonomia del Comune rispetto a Cassa Prestanza, che qualifica associazione non riconosciuta. Ammette che il Presidente della Cassa si identifica con il Sindaco (o suo delegato); che l’amministrazione comunale detiene poteri di nomina di alcuni membri del CdA ed é titolare di poteri di controllo sulle deliberazioni da questo assunte, ma esclude che vi sia responsabilità solidale circa le sorti della Cassa. Non considera però che i bilanci dell’Organismo erano sottoposti ad approvazione del Consiglio Comunale e che, dunque, la crisi finanziaria non poteva non essere nota al Comune di Bari. Trascura, soprattutto, che la liquidazione del patrimonio é stata espressa richiesta del Sindaco (lo hanno provato depositando la mail con cui Decaro comunicò tale sua autonoma decisione); circostanza, questa, che cozza con l’asserita autonomia dell’Ente sulle determinazioni della Cassa. Ammette che le risorse pubbliche corrisposte dall’Ente fino all’intervento della Corte dei Conti devono ritenersi illegittime alla luce del divieto ex art. 17 L. 152/1968, ma non ne trae alcuna conseguenza in termini di responsabilità quanto meno concorrente. Invero (come ampiamente dedotto e dimostrato con il ricorso introduttivo) il contributo annuale é stato sospeso fin dal 2014, sicché non si comprende come mai il Comune abbia interrotto la trattenuta alla fonte sulle buste paga soltanto a novembre 2018. Tanto, si badi, con la consapevolezza che la sospensione del contributo annuale avrebbe certamente determinato il default della Cassa (lo aveva certificato il Collegio dei Revisori nella relazione di accompagnamento al conto consuntivo del 2016 ed al bilancio di previsione del novembre 2017 – la nota del CdA datata 31.01.2019 é vero atto di accusa verso il Comune, colpevole di non aver approvato modifiche sostanziali dello Statuto con riguardo ai criteri di calcolo della gratifica di fine servizio). Riconosce il diritto degli iscritti di recedere dalla Cassa nonostante l’art. 10 co. 2 dello Statuto prevedesse la irrevocabilità dell’adesione (lo stesso Magistrato lo aveva ammesso nella nota sentenza n. 2123/2020). Non trae tuttavia alcuna conseguenza in termini di responsabilità dalla circostanza che, quando alcuni iscritti lo hanno esercitato, l’Ente e non la Cassa ha opposto loro diniego richiamando proprio l’art. 10 co. 2 dello Statuto ed ha continuato ad operare la trattenuta, salvo (contraddicendo se stesso) interromperla di sua iniziativa nel 2018 (il che conferma il potere decisionale che l’Ente deteneva). Riteniamo che ci siano le condizioni per i ricorrenti per proporre appello avverso ad una sentenza che scarica le responsabilità verso i più deboli e non ravvisa nulla di sbagliato nel comportamento tenuto dai più forti: il Comune di Bari”.