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Chiama il 118 ma la madre muore, va in escandescenza e aggredisce soccorritrice: 51enne arrestato in differita

3 Dicembre 2024
– Autore: Raffaele Caruso
3 Dicembre 2024
– Autore: Raffaele Caruso

Per un uomo di 51 anni di Sava (Taranto) è scattato l’arresto in differita, ai domiciliari, per aver aggredito una operatrice dell’ambulanza del 118 che lui stesso aveva chiamato per soccorrere la madre di 83 anni che era andata in arresto cardiaco. L’anziana è poi deceduta nonostante i tentativi di rianimazione dei soccorritori.

L’episodio risale a due giorni fa. Sul posto sono intervenuti i carabinieri che hanno raccolto le testimonianze dei presenti e inviato l’informativa al pm di turno. Il gip del tribunale di Taranto Benedetto Ruberto ha poi dato applicazione al decreto legge che prevede l’arresto in flagranza anche in differita per chi si rende responsabile di aggressione a un operatore sanitario. Il 51enne, a quanto si è appreso, avrebbe strattonato con violenza la soccorritrice provocandole un trauma distrattivo dell’articolazione di un polso, giudicato guaribile in 15 giorni.

In una nota l’Usb ricostruisce l’accaduto osservando che, una volta ricevuta la segnalazione dalla centrale operativa, “gli operatori sanitari si sono diretti tempestivamente dalla postazione di Manduria a Sava. Per arrivare ci sono voluti circa 7/8 minuti ma, già all’arrivo, il figlio della donna mostrava evidenti segni di esagitazione”. Per l’anziana, “in arresto cardiaco all’arrivo dei sanitari – aggiunge il sindacato – non c’è stato purtroppo nulla da fare. Il figlio ha dunque reagito nuovamente in maniera aggressiva spintonando l’operatrice che è stata costretta a fare ricorso alle cure del pronto soccorso”.

L’Usb solidarizza “con la lavoratrice aggredita” e invita “le istituzioni a considerare che, sui mezzi di soccorso, quella degli autisti/soccorritori è spesso l’unica figura presente. Quasi sempre assente il medico, in molti casi anche l’infermiere. Fatto che determina la diretta esposizione di una categoria di ‘invisibili’ al rischio di aggressioni. Invisibili perché troppo spesso non considerati, valorizzati e protetti come si dovrebbe”.