La Procura di Bari ha impugnato le sentenze con cui la gup Antonella Cafagna aveva assolto l’avvocato Gaetano Filograno (papabile candidato del centrodestra alle prossime amministrative) e prosciolto il collega Nicola Loprieno (consigliere comunale del centrosinistra) dall’accusa di detenzione e spaccio di stupefacenti perché il fatto non sussiste. Il provvedimento era stato firmato lo scorso 2 ottobre.
Secondo il Tribunale di Bari Filograno, che aveva scelto il rito abbreviato, sarebbe stato “innegabilmente” l’ideatore di “un turpe e vile ordito criminoso” ai danni del compagno della sua ex moglie, consistito “nell’acquistare cocaina nel consistente quantitativo di grammi 26, al fine di simulare” a carico della vittima “le tracce del reato di detenzione, per procurarne l’arresto in flagranza e sottoporlo alle conseguenze” del processo penale, ma questa condotta è “del tutto estranea” all’evento che l’articolo 73 del testo unico degli stupefacenti intende punire, cioè “la circolazione della droga mediante cessione al consumatore” e la tutela dei valori della salute pubblica, della sicurezza e dell’ordine pubblico. La condotta di Filograno, al massimo, potrebbe integrare la fattispecie di simulazione di reato, “rispetto a cui sarebbe precluso l’esercizio dell’azione penale” per l’intervento della prescrizione. I fatti contestati risalgono al 2014, l’imprenditore fu processato e assolto con formula piena dall’accusa di detenzione e spaccio di droga.
La Procura non è però intenzionata a chiudere qui la vicenda e ha impugnato la sentenza visto che il giudice ha comunque riconosciuto la sussistenza degli elementi di fatto ricostruiti dall’accusa. Ritiene che la gup “abbia erroneamente valutato e qualificato tale condotta” (come si legge nell’atto di appello) perché, affinché si configuri il reato di detenzione e spaccio di stupefacenti, non sarebbe chiesto “un dolo specifico”, ma sarebbe “specificamente prevista e punita la condotta di consegna ‘per qualunque scopò”. A supporto della tesi ci sarebbero anche “pronunce costanti” della Cassazione. La condotta del “procurare ad altrì non poteva che essere stata preceduta dalle condotte di acquisto, ricezione o comunque detenzione di cocaina (per uso non esclusivamente personale)”, si legge ancora nelle carte. Condotte che per la Procura integrano la fattispecie di reato contestata. I pm hanno quindi chiesto alla Corte d’Appello di riformare le sentenze, condannando Filograno (per lui erano stati chiesti 4 anni) e rinviando a giudizio Loprieno.