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Corruzione e giochi politici in salsa pugliese, Lerario non sia il capro espiatorio

27 Dicembre 2021
– Autore: Antonio Loconte
27 Dicembre 2021
– Autore: Antonio Loconte

Diciamocela tutta la verità, sappiamo come rischia di andare a finire la storia di Lerario: lui e quelli beccati con le mani nella marmellata in galera e sulla graticola mediatica, mentre la politica se ne lava le mani fino a quando la buriana è alle spalle. Non può e non deve andare così. Lo sconcerto del Presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, ha lasciato basiti molti pugliesi. Il governatore è tutt’altro che uno sprovveduto. Emiliano conosce a fondo la macchina amministrativa, e spesso riuscito ad anticipare certe dinamiche, è stato un magistrato, per di più antimafia, ma soprattutto ha affidato a Mario Lerario compiti non suoi, persino strategici per le sorti della Regione Puglia nel pieno della pandemia. Può davvero cadere dalle nuvole il Presidente accentratore? No, governatore, non tratti i suoi conterranei come se avessero tutti l’anello al naso.

Attenzione, però, non stiamo dicendo che sia complice del disastro d’immagine che questa storia sta arrecando alla Puglia patinata, che vogliono venderci ogni tre per due. Accanto ai reati ci sono questioni etiche e morali non per questo meno trascurabili dei reati stessi. Un Presidente che affida le chiavi di importanti settori economici della propria regione a un “suo” uomo davvero può rimanere sconcertato? Può non aver mai sospettato o essere stato informato di dubbi, sospetti, perplessità alla stessa stregua di come lo siamo stati noi fino a tacere per il rispetto che si deve a chi lavora per il bene di tutti?

Così fosse – e non dubitiamo – sarebbe comunque mancata la necessaria vigilanza nei confronti di un dirigente fatto ergere anche nei modi a super dirigente. Non si può dare l’occasione di diventare ladri a qualcuno, lasciandoglielo fare, soprattutto perché in ogni caso la figura barbina è generale e travolge tutti, almeno fino alla prossima statistica sul livello di adorazione che la Puglia riceve nel mondo (chissà ancora per quando). In ogni manuale spartitorio che si rispetti, anche i muri lo sanno, che l’Arif è nelle mani di quell’assessore; che nel foggiano non si muove foglia senza che quell’altro assessore non voglia; che il Salento è “roba sua” e potremmo continuare fino alla suddivisione di ogni brandello di questa martoriata Regione.

E non parlo della Puglia prima nelle classifiche del turismo, perché i turisti non devono mettersi in fila per un esame medico, non devono prendere i mezzi pubblici per andare ogni santo giorno al lavoro. Se non altro non lo devono fare alla stessa stregua dei residenti. È decisamente più semplice spacciare emozioni, sentimenti, luoghi comuni e stereotipi senza tema di smentita, ma la realtà è quella che ci ha sbattuto in faccia Mario Lerario, il super dirigente che aveva dimenticato i bagni del Covid Hospital, quello delle bustarelle e della facciata da delegato dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme.

E adesso che succede? Il rischio è che non accada proprio un bel niente, come sempre. Molto è nelle mani di chi è stato chiamato a rimpiazzare, con l’augurio che nessuno lo abbia già incontrato in un bar o a casa per suggerirgli la prassi. Cosa farà Nicola Lopane, sostituto di Lerario alla guida della Protezione Civile? Andrà a spulciare le determine finite alla Procura della Repubblica per controllarne la correttezza? Dovessero emergere delle irregolarità si porrà rimedio? Si faranno azioni di responsabilità? Se non si inizia a rimestare nella melma nessuno potrà definirsi sconcertato o peggio potrà cadere dalle nuvole senza farsi male.

Sappiamo per certo che tra Lopane e Lerario non scorresse buon sangue. Questo potrebbe essere un elemento di garanzia per i pugliesi, ma la politica interverrà anche in questa occasione per smorzare e difendere quel brandello di Puglia accaparrato nella suddivisione partitica? Il dilemma vero è questo. In queste occasioni raramente nelle intercettazioni degli inquirenti compaiono ordini non detti, quella forma di rispetto – quasi di riverenza -, che aleggia nei palazzi in cui la politica spartisce incarichi, poltrone e prebende, ingenerando un sistema indiretto  – a volte persino palese e noto ai più – di sudditanza generalizzata.

Una grande responsabilità sarà quella ereditata da Angelosante Albanese, direttore del Dipartimento Bilancio, Affari Generali e Infrastrutture, oltre che diretto superiore di Mario Lerario. Anche Albanese, come il Presidente Emiliano e buona parte della politica (non è un errore la p minuscola), in questi anni non si è accorto di quando stesse succedendo. Quella del mancato controllo, della distrazione sistematica o peggio ancora dell’eccessiva e immotivata fiducia, in considerazione dei campanelli d’allarme lanciati dalla CSA e altri, è una catena con diversi anelli. Una catena che ha l’obbligo di diventare efficace, più di quanto non lo sia stata finora prima che altri dirigenti regionali, di qualsiasi settore, possano essere travolti dal solito delirio di onnipotenza.