L’ex assessora ai Trasporti della Regione Puglia, Anita Maurodinoia, avrebbe “preso parte alle associazioni per delinquere finalizzate allo scopo di commettere più delitti previsti dall’articolo 86 del Dpr 570/60 (cd corruzione elettorale) – in occasione delle elezioni amministrative del 26 maggio 2019 (sindaco e consiglio comunale di Bari) e delle elezioni amministrative del 20 e 21 settembre 2020 (sindaco e consiglio comunale di Grumo Appula, presidente e Consiglio regionale).
È quanto si legge nel decreto di perquisizione notificato ieri all’assessora dimissionaria. Nell’atto la Procura evidenzia che le associazioni per delinquere sono “caratterizzate da vincolo pregresso e permanente di una struttura stabile ed organizzata in modo idoneo per la programmazione e la realizzazione dei plurimi delitti, commessi dai partecipanti all’associazione con l’offerta o la promessa all’elettore di 50 euro a voto, per ottenere le preferenze necessarie alla propria elezione e a quella di altri candidati sostenuti dalla medesima coalizione politica”.
Nel decreto si legge anche che “con nota di aggiornamento di marzo 2024 sono emerse intercettazioni – in altro procedimento – nel corso delle quali gli interlocutori fanno espresso riferimento al sistematico versamento di somme da parte della Maurodinoia nel corso della competizione elettorale del 2019”.
Ci sono poi due testimoni ascoltati durante le indagini che svelerebbero il presunto sistema per raccogliere voti e che è stato rivelato dall’inchiesta. Si tratta di un padre e una figlia che il 4 ottobre del 2020 riferiscono agli inquirenti “dettagliatamente le modalità di esecuzione della condotta criminosa”. I due testimoni hanno consegnato anche un numero di telefono riferendo che una donna li aveva contattati “una settimana prima delle elezioni per chiedere loro di passare dal comitato” elettorale. In quell’occasione i due consegnano i documenti e ricevono “le indicazioni sul voto da tributare…alla candidata Maurodinoia alle regionali, con l’intesa che sarebbero stati richiamati dopo le elezioni per ricevere il compenso pattuito in euro 50 pro capite”. Denaro che, hanno raccontato i due testimoni, sarebbe poi stato effettivamente consegnato a loro come “ad altri elettori in quello stesso frangente”. Dalle carte dell’indagine emerge inoltre che Sandro Cataldo, ritenuto da investigatori e inquirenti al vertice del sistema, sapeva di essere intercettato e aveva adottato degli accorgimenti per evitare l’ascolto della polizia giudiziaria. I carabinieri, annota infatti il gip, hanno “riscontrato un palese atteggiamento guardingo e particolarmente accorto di Cataldo, soprattutto in riferimento all’utilizzo dei telefoni cellulari”.