Diceva di aver “usato una procedura che non esiste” per la fornitura di 150 stand destinati alle scuole diventate sedi vaccinali l’ex capo della Protezione civile della Regione Puglia, Mario Lerario, arrestato il 23 dicembre per corruzione dopo aver intascato due tangenti. In una intercettazione ambientale del 16 dicembre 2021, Lerario spiegava di «aver chiamato tre fornitori che riassumono il 70% del mercato», dicendo loro che in due giorni dovevano consegnare il materiale «stabilendo lui – annota la guardia di finanza – sia i modi che i prezzi». Spiegava poi aver fatto “tre affidamenti diretti” sotto soglia “dividendo le scuole” ad ogni fornitore. “Se stava un maresciallo ad ascoltare sta cosa, sarebbe impazzito” diceva poi. “Ti avrebbe arrestato” gli faceva eco Nicola Lorusso, il giornalista della Regione indagato perché avrebbe rivelato a Lerario la presenza di cimici negli uffici.
Questi particolari sono contenuti negli atti depositati dalla Procura di Bari al Tribunale del Riesame in vista dell’udienza per la scarcerazione di Lerario (alla quale la difesa ha rinunciato). Nella lunga informativa gli investigatori ricostruiscono il dettaglio degli appalti affidati dal gennaio 2020 a dicembre 2021 ai due imprenditori presunti corruttori di Lerario, Donato Mottola e Luca Leccese, per complessivi 13 milioni di euro, riportando ampi stralci delle telefonate e delle conversazioni dell’ex dirigente e di altri indagati anche su altre vicende.
Dopo il suo arresto, infatti, un altro funzionario regionale, Antonio Mercurio, anche lui indagato nella più ampia indagine su presunti episodi corruttivi relativi agli appalti legati all’emergenza Covid, commenta la vicenda. «Questo doveva farci insospettire, perché se era trasparente doveva dire `fate voi´… invece lui voleva sempre avere l’ultima parola sulle ditte» dice Mercurio a due colleghe circa l’ipotesi che Lerario traesse «vantaggio dallo scegliersi i fornitori». Negli atti un’ampia parte è dedicata poi alle conversazioni di Lorusso, il quale insinua che «negli investigatori c’è del marcio», ritenendo che le indagini vengano fatte in un certo modo «per tenere sotto scacco il sistema della pubblica amministrazione» e ottenere così in cambio «utilità» e per «fare carriera».