“In tutta la mia carriera non ho mai alzato alzato un dito contro nessuno, quella sera ho agito per un misto di paura, rabbia e frustrazione”. A parlare in aula è l’ex assistente capo della polizia penitenziaria di Bari, Raffaele Finestrone, a processo con l’accusa di tortura nei confronti di un detenuto di 41 anni che, secondo le indagini, sarebbe stato picchiato dopo aver appiccato fuoco nella sua cella nel carcere di Bari il 27 aprile 2022. “Ho avuto paura di morire, per la prima volta in carriera. Quella notte nel carcere c’era una bolgia totale, facevamo fatica a sentirci tra di noi a pochi metri di distanza. Il detenuto, mentre era a terra, ci minacciava di morte e ho temuto che potesse ferirci con una lametta” ha continuato.
Insieme a lui sono imputati anche altri 10, tra cui agenti e infermieri del carcere, accusati a vario titolo di violenza privata, omissione di atti d’ufficio, falso in atto pubblico e omessa denuncia. tre sono stati giudicati con rito abbreviato, tra cui sovrintendente capo della polizia penitenziaria Domenico Coppi, condannato a tre anni e sei mesi per il reato di tortura e omissione di atti d’ufficio.
Secondo le sue dichiarazioni, il 41enne, prima di appiccare l’incendio, avrebbe sputato addosso all’agente e lanciato l’urina. Era un detenuto che destabilizzava gli altri carcerati per la sua condotta. “Avevamo chiesto di farlo trasferire. Era pericoloso, ma nessuno ci ha mai ascoltato”. Al termine dell’udienza il presidente del collegio ha dichiarato chiusa la fase istruttoria del processo. Il 20 dicembre inizieranno le requisitorie dei pm, il procuratore aggiunto Giuseppe Maralfa e la sostituta Chiara Spagnuolo.