“L’unica certezza che abbiamo nel nostro paese è avere fiducia nella magistratura poiché se così non fosse il sistema democratico salterebbe. Eppure tanti dubbi assalgono noi e la gente comune che non capisce come mai questi c.d. detenuti psichiatrici, vengono lasciati nelle carceri praticamente senza cure insieme agli altri detenuti, con licenza di aggredire, picchiare, mandare all’ospedale tantissimi poliziotti (a Taranto stavano sequestrando una dottoressa ed una psichiatra con delle lamette). Allora la domanda è, perché nessuno si prende la briga di vedere eventuali responsabilità di chi ha messo tale detenuto in una sezione ove non doveva stare, in quanto giunto a Bari da altre carceri a seguito di analoghe situazioni di pericolo create dallo stesso? Perché questo detenuto che ha messo a ferro e fuoco altre carceri, oltreché Bari, continua a stare in un carcere (Taranto) invece di essere ristretto in un posto adeguato per curare i suoi disturbi?”. Inizia così il comunicato stampa della Segreteria Nazionale della Puglia del SAPPE, il Sindacato Autonomo della Polizia Penitenziaria, in merito alle torture subite da un detenuto nel carcere di Bari. Sono dodici le persone, tra agenti di polizia penitenziaria e infermieri, che sono stati rinviati a giudizio per le presunte torture avvenute il 27 aprile 2022.
“Sia chiaro chi ha sbagliato deve pagare, ma non meritano nessuna attenuante quei lavoratori che nel pieno della notte si sono trovati ad affrontare una situazione di grande pericolo che poteva provocare una strage, compresa la morte del detenuto stesso? Certo chi non ha mai vissuto quei momenti e quello stress, seduto ad una scrivania, difficilmente può immaginare cosa voglia dire trovarsi in pochi uomini (a causa della carenza di organico) a gestire 450 detenuti, con tutta una sezione detentiva invasa dal fumo, (determinato dall’incendio del detenuto torturato), con circa 130 ristretti che svegliatisi nel cuore della notte gridavano, e sbattevano i letti contro le porte delle loro stanze per uscire fuori, poiché avevano paura di morire avvelenati per colpa di un fumo che diventava sempre più denso – si legge nella nota -. In questo bailamme gli aguzzini torturatori mettendo a rischio la loro sicurezza e quella del carcere, con coraggio ed in maniera molto professionale hanno aperto tutte le stanze della sezione e portato i detenuti fuori nei passeggi, fino quando il fumo non è diminuito, per poi riportarli nelle loro stanze. E poi è alquanto strano che lo stesso detenuto sarebbe stato salvato dai suoi stessi torturatori, che lo avrebbero tirato fuori (con forza) dalla stanza rischiando di rimanere avvelenati dai fumi. Sicuramente dopo tanta tensione e stress i nervi sono saltati(a chi non salterebbero, non sono robot) e si è assistito a qualcosa che non dovrebbe mai accadere, ma per favore non chiamiamoli torturatori poiché è gente che non va a lavorare per compiere atti di sadismo per divertirsi, ma servitori dello Stato che per 1600 euro al mese cercano di compiere il loro dovere al fine di assicurare alle loro famiglie i mezzi di sostentamento”.
“Certo se quei poliziotti vista la loro inferiorità (così come prevede la legge) si fossero preoccupati di lanciare l’allarme avvisando anche i loro superiori ed avessero aspettato i rinforzi, forse ora parleremmo di una probabile tragedia con rivolta di oltre un centinaio di detenuti che avrebbero spaccato ogni cosa, ed un detenuto psichiatrico forse morto a causa dei fumi velenosi che lui stesso aveva provocato….. ma ciò non interessa a nessuno, men meno agli inquirenti – conclude il sindacato -. Il dubbio che non ci abbandona e che ci lascia straniti è che da una parte la vita lavorativa di tante persone (fino a quel giorno perbene e rispettati,) non esiste più con gravi ripercussioni sulle loro famiglie e con tutte le conseguenze che scaturiranno dal processo, mentre chissà se il detenuto che ha dato il via a questa emergenza in altre carceri e poi a Bari e chissà in quale altro posto, verrà mai giudicato per la gravità degli atti compiuti”.