“Se esiste Dio perché non fa guarire il nonno?”. Come dare torto al nipote di Marco, un uomo di 70 anni ricoverato nel reparto di terapia intensiva al Policlinico. Il suo è un presunto caso di malasanità, come ci spiega sua figlia Sara in lacrime. “Ad oggi non so se mio padre ce la farà. Sono due mesi che stiamo combattendo. Gli hanno fatto di tutto, non può muovere le gambe, non beve, gli fanno continue trasfusioni. Non possiamo stare nemmeno con lui perché è in terapia intensiva”.
Da gennaio Marco stava bene, la terapia neurologica per la sua patologia stava facendo effetto e aveva ripreso a camminare. I guai, però, sono iniziati il 3 agosto quando, dopo aver fatto colazione, ha vomitato. “La sera la febbre è salita all’improvviso, fino a toccare i 40 gradi. Mia madre si è così rivolta al medico curante che gli ha detto si trattava di influenza e che avrebbe dovuto prendere il Plasil e la Tachipirina. Tutto questo senza visitarlo. Il giorno dopo continuava a stare male e abbiamo deciso di chiamare la guardia medica. Il dottore gli ha fatto una visita completa e anche lui ha detto si trattava di influenza. Nonostante due pareri, abbiamo deciso di chiamare il 118 che, dopo aver preso tutti i parametri, ci ha detto che per la sola febbre non potevano portarlo al pronto soccorso. Alche mio fratello e mio nipote, viste le condizioni di mio padre, hanno deciso di portarlo al pronto soccorso del San Paolo. Lì gli fanno una rx toracica e poi lo dimettono. Portiamo tutte le carte al medico curante che ancora una volta dice di non poterlo visitare”.
Le condizioni di Marco peggiorano e così i familiari lo portano al Policlinico. “Siamo stati tutta la notte senza avere sue notizie. Il giorno dopo rispiego ai medici tutto quello che era accaduto, ma niente, non mi fanno sapere nulla di mio padre. Decido di irrompere nel pronto soccorso e lo trovo seduto a una poltrona con la mascherina ffp2 in faccia. Lì mi sono infuriata perché mio padre non riusciva a respirare. Vedendo la mia reazione solo in quel momento sono scesi tutti gli specialisti che hanno iniziato a visitarlo fino a portarlo nel reparto di malattie infettive. Ho avuto una brutta sensazione quando si sono chiuse le porte, ero convinta che non l’avremmo visto più e così è stato. Il giorno dopo mi hanno chiamato dicendo che le sue condizioni erano disperate e lo stavano trasferendo in terapia intensiva dove non possiamo andare a trovarlo. Tutto per una bronchite che non è stata diagnosticata in tempo. Finalmente stava bene, avevamo festeggiato i suoi 70 anni. Sta lottando per sopravvivere. Sono arrabbiata, vorrei far provare a quei medici quello che sta provando mio padre in questo momento”.