Michele Miracapillo, insieme al boss Antonio Capriati, unitamente ad altre quaranta persone, fu arrestato nel maggio 2006 nella nota Operazione denominata Atropo”, che smantellò il clan Capriati. Il Miracapillo riuscì dopo poche settimane dal suo blitz a godere della misura degli arresti domiciliari ma, proprio durante questo periodo, secondo la Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, lo stesso riprese le sue attività illecite, tentando di estorcere una ingente somma al titolare del Cinema “Royal” di Bari, suo conoscente di vecchia data. Quest’ultimo, tuttavia, denunciò le pressioni di cui era destinatario e così fu avviata una intensa attività di indagine da parte della Squadra Mobile di Bari che arrestò, in flagranza il Miracapillo nel gennaio del 2007 allorquando lo stesso, approfittando di una autorizzazione per sottoporsi ad una visita medica ambulatoriale, si recò personalmente presso il Cinema Royal per sollecitare il titolare alla dazione economica ma, una volta giunto lì, trovò ad attenderlo uomini delle forze dell’ordine che lo arrestarono.
Nacque così un processo parallelo al blitz “Atropo” che è durato oltre sedici anni e che nei giorni scorsi si è concluso, con un ulteriore decisione della Cassazione che, accogliendo il ricorso presentato dall’Avv. Massimo Roberto Chiusolo, difensore del Miracapillo, ha – nell’escludere definitivamente l’aggravante di avere agito in nome e per conto del clan Capriati ovvero con metodo mafioso – favorevolmente rideterminato la pena nei suoi confronti, per la grave vicenda estorsiva, in quella di un anno di reclusione. La vicenda processuale è stata davvero particolare e complessa.
In primo grado, infatti, i Giudici della Seconda Sezione Penale del Tribunale di Bari condannarono, ritenendo l’aggravante mafiosa, il Miracapillo sia per il tentativo di estorsione che per l’evasione dagli arresti domiciliari ad anni 5 di reclusione ed euro 5mila di multa. Tale decisione fu riformata dalla Seconda Sezione Penale della Corte di Appello di Bari che, con sentenza del 31 ottobre 2017, dopo avere dichiarato il non doversi procedere per intervenuta prescrizione con riguardo al reato di evasione, escludendo l’aggravante della mafiosità, rideterminò la pena in quella di anni 2 di reclusione ed euro 4mila di multa. Tale decisione fu tuttavia annullata, in accoglimento del ricorso presentato dall’Avv. Massimo Roberto Chiusolo, dalla Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione che rilevò come andasse rivalutato – anche all’esito dell’esclusione dell’aggravante della mafiosità – il profilo afferente il riconoscimento della continuazione tra i fatti estorsivi in danno del proprietario del Cinema “Royal” e quelli giudicati nel processo c.d. “Atropo”, disponendo un nuovo giudizio.
All’esito del giudizio di rinvio la Terza Sezione Penale della Corte di Appello di Bari, con sentenza emessa in data 21.04.2022 riconobbe la sussistenza del vincolo della continuazione, accogliendo sul punto l’indicazione della Suprema Corte, rideterminando la pena nei confronti del Miracapillo in quella di anni 1 e mesi 8 di reclusione. Tale ultima decisione è stata oggetto di un ulteriore ricorso del Miracapillo e la Corte Suprema di Cassazione, per la seconda volta, ha riconosciuto la fondatezza delle ragioni del 48enne pluripregiudicato barese, annullando senza rinvio la sentenza dei giudici baresi riducendo ulteriormente la condanna nei confronti di quest’ultimo di 8 mesi di reclusione così infliggendogli, per la grave vicenda estorsiva avvenuta nel lontano 2006, solo un anno di reclusione.