Dalle prime luci dell’alba, nelle provincie di Bari, Palermo e Taranto, è in corso l’esecuzione di un’ordinanza applicativa di misure cautelari personali nei confronti di 19 soggetti (di cui 17 in carcere e 2 agli arresti domiciliari) – emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del locale Tribunale, su richiesta di questa Procura della Repubblica/Direzione Distrettuale Antimafia – con cui sono stati riconosciuti gravi indizi di colpevolezza (accertamento compiuto nella fase delle indagini preliminari che necessita della successiva verifica processuale nel contraddittorio con la difesa) per una pluralità di delitti. In particolare, l’esecuzione dell’ordinanza (nei confronti di 15 soggetti indagati da parte dei Carabinieri del Comando Provinciale di Bari e di altri 4 soggetti indagati congiuntamente da parte del personale della Polizia di Stato della Questura di Bari e del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Bari) costituisce l’epilogo di una complessa attività di indagine, coordinata da questo Ufficio giudiziario, articolata in 2 filoni investigativi – distinti, ma legati fra loro da profili di connessione soggettiva e oggettiva. Il primo delegato alla Compagnia Carabinieri di Triggiano, ha riguardato un’associazione di tipo mafioso operante sul territorio di Valenzano (BA), propaggine del noto e storico clan Parisi. Il secondo, collegato alla Polizia di Stato (Squadra Mobile e DIGOS) e al Nucleo P.E.F./G.I.C.O di Bari, ha avuto ad oggetto, tra l’altro, un episodio di scambio elettorale politico-mafioso a Valenzano, nonché l’individuazione di un sodalizio delinquenziale finalizzato al reato di corruzione elettorale a Bari con protagonisti il consigliere comunale Francesca Ferri e l’imprenditore Nicola Canonico.
Con riferimento al primo filone investigativo, oltre 100 Carabinieri del Comando Provinciale di Bari stanno dando esecuzione – nei comuni di Bari, Cassano delle Murge (BA), Valenzano (BA), Ginosa (TA) e Palermo – a misure cautelari personali nei confronti di 15 soggetti indagati, a vario titolo, per le ipotesi di reato di associazione per delinquere di tipo mafioso, concorso in minacce, porto e detenzione di armi comuni da sparo, estorsione, usura, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita. Secondo l’impostazione accusatoria accolta dal Gip (fatta salva la valutazione nelle fasi successive con il contributo della difesa), 10 degli indagati farebbero parte dell’associazione a delinquere di tipo mafioso Di Cillo operante nel comune di Valenzano che, anche con l’uso della violenza e delle armi, avrebbero imposto la loro volontà nel commettere i reati di estorsione, usura, spaccio di sostanze stupefacenti e detenzione illegale di armi. I provvedimenti cautelari in fase di esecuzione conseguono a un’indagine avviata nel settembre del 2017 su delega della Direzione Distrettuale Antimafia alla Sezione Operativa dalla Compagnia Carabinieri di Triggiano, allo scopo di svelare i collegamenti esistenti tra un noto pregiudicato ed il clan Parisi. I gravi indizi di colpevolezza raccolti hanno permesso di individuare di attribuire allo stesso pregiudicato il ruolo di promotore di un progetto criminale, i cui sodali sono stati identificati in 7 fedelissimi nonché nei suoi genitori, la cui madre – in particolare – è sorella di un defunto boss, ucciso in un agguato di mafia nel 2009. Le intense investigazioni, protrattesi nel corso di due anni, hanno consentito di far luce su un’attività di polizia che aveva garantito, nel maggio del 2016, il sequestro di armi e droga fino ad allora nella disponibilità dei sodali. Inoltre sono stati scoperti cinque episodi estorsivi, sei episodi di usura, un episodio di reimpiego di denaro proveniente da illecita attività e svariati episodi di spaccio di sostanze stupefacenti, nel contrasto ai quali sono state arrestate nella flagranza del reato 10 persone. È da sottolineare come il capo ed i suoi fedelissimi non avessero nessuna remora nell’utilizzare armi, violenza fisica o minacciare le loro vittime come testimonia – tra gli altri – l’episodio in cui si rivolgono ad una vittima di usura con la frase “….ti devo sparare…. ti devo scaricare un caricatore addosso… a me non piacciono queste cose….però se mi costringi lo faccio”. Tra gli ingenti sequestri effettuati, spiccano, oltre ad armi e munizioni, gli oltre 32 chili di sostanza stupefacente.