“Premetto che mia madre era proprietaria di quattro immobili tra cui una sala ricevimenti, un locale adibito a supermercato, un appartamento e un seminterrato ad uso garage. La sala ricevimenti era la sua attività principale, aveva una ditta individuale. Tredici anni fa si è avviata una procedura esecutiva immobiliare nei suoi confronti attivata da Enel con cui c’era una causa in atto nella quale l’accusavano di aver rubato della corrente elettrica proveniente da un quadro che un soggetto non professionista non avrebbe mai potuto manomettere, tanto che, nonostante la perizia del tecnico dipendente Enel a favore di mia madre, fu emessa sentenza a suo sfavore”.
Siamo andati ad intervistare Gemma che aveva contattato la nostra redazione per raccontare la sua storia. “Nel frattempo, avendo acceso un mutuo per delle ristrutturazioni di 310mila euro e avendo, con atto notarile, sottoscritto al pagamento delle rate attraverso il passaggio dei fitti del locale (supermercato) depositati e prelevati da un conto dedicato, la banca smette all’improvviso di pagare, di mandare gli estratti conto e nel momento in cui è stata sollecitata si insinua nella procedura esecutiva con la rimanete somma da versare 234mila euro – spiega -. A questi si accoda in procedura Equitalia con 56mila euro. Nello svolgersi della procedura furono pagati 76mila euro provenienti dai fitti con bonifico, altri 50mila erogati dalla delegata alla vendita prima che avvenisse la prima vendita (del locale supermercato, venduto a 269mila euro) dalla quale sono stati erogati 169mila alla Banca Antonveneta. Banca che nel frattempo ha venduto il credito a una società finanziaria alla quale nel 2014 sono stati erogati altri 5mila fuori procedura per far si che la procedura si potesse chiudere”.
“Ai tempi, mia madre era seguita da un avvocato del nostro paese il quale sembrava fosse competente e propositivo in merito alla faccenda , ma nel corso del tempo si è rivelato il suo peggiore nemico – continua Gemma -. Tengo a precisare che se la delegata alla vendita avesse svolto il proprio lavoro in scienza e coscienza l’incubo di tutta questa faccenda sarebbe finito circa 8 anni fa con il pagamento di tutti i creditori, invece non avendo calcolato bene i crediti, questa ritenne di continuare con le vendite mettendo all’asta tutto il resto delle proprietà. Tutto documentato. Prima della prima vendita, avvenuta nel 2013, mio padre è venuto a mancare e nonostante sia io che mio fratello fossimo entrati nell’asse ereditario per la quota di mio padre, non ricevevamo notifiche da parte della delegata che vendeva le quote di mio padre, un morto (nell’atto di trasferimento del bene sono riportati gli estremi di mio padre), ignorando totalmente la presenza degli eredi. In questo frangente il nostro caro avvocato non produceva atti a favore di mia madre dalla quale percepiva compensi a nero (circa 36mila euro) e le fa firmare in concerto con un altro avvocato, l’ammissione del credito per circa 40mila insinuandosi nella procedura”.
“Da questi due professionisti cominciamo (tutta la famiglia) a ricevere minacce documentate con registrazioni audio che nel 2018 abbiamo presentato alla Procura della Repubblica attraverso una denuncia dettagliata che (non conosciamo bene il motivo) è stata archiviata – afferma la donna -. Nel 2014, dopo aver scoperto che la delegata alla vendita aveva proceduto alla messa in vendita degli altri lotti abbiamo chiesto aiuto a un conoscente il quale ci ha presentato un avvocato che ha subito preso in mano la situazione cercando soluzioni alternative in concerto con il primo avvocato. Con l’aiuto di questo secondo avvocato abbiamo scoperto che il primo ci aveva nascosto tutta una serie di notizie tanto da impedirci di intervenire per bloccare la procedura esecutiva. Dulcis in fundo nel 2016 questo sparisce, non ci risponde più al telefono e il nostro conoscente (colui che ce l’ha presentato) ci disse che non stava esercitando a causa di una grave malattia del fratello. Tutte queste operazioni hanno portato un dispendio di denaro non indifferente, tanto che abbiamo cominciato a venderci gioielli e roba di valore ed è stato proprio tramite questo conoscente che abbiamo fatto valutare un anello con diamante di un carato e mezzo restituitoci con zircone (ce ne siamo accorti l’anno successivo quando lo abbiamo fatto rivalutare). I due si rivelano un’associazione a delinquere”.
“Per due anni siamo stati circuiti, minacciati, ci hanno estorto circa 35mila euro sotto minaccia, ogni volta che si presentavano sull’uscio della nostra porta era un incubo, cominciavamo a tremare per tutti gli insulti e le minacce che avremmo dovuto subire. Tutto documentato con registrazioni. Ci hanno ripulito di ogni centesimo, ogni risparmio, qualsiasi cosa avessimo – continua -. Mia figlia, l’unica che reagiva, era bandita dalle riunioni e dagli incontri, lei non aveva accesso ai colloqui (una puttanella mocciosa e maleducata, così fu appellata dal commercialista). Sono entrati nel nostro intimo più profondo, conoscevano ogni segreto della nostra famiglia e ci hanno raggirati per bene promettendoci che ci avrebbero risolto tutti i problemi. Nel 2018 abbiamo conosciuto un avvocato di Bari al quale abbiamo chiesto aiuto, ormai disperati, ormai disillusi e stanchi perché chiunque avesse sentito la nostra storia ha pensato che fossimo pazzi e bugiardi. Questi ci ha ascoltati e ci ha subito proposto di denunciare il tutto alla Procura della Repubblica”.
“Mia figlia e l’avvocato mi hanno dovuto convincere, io avevo paura, molta paura e piangevo nello studio mentre loro cercavano di convincermi – conclude Gemma -. Abbiamo denunciato i tre professionisti: il primo avvocato, il secondo avvocato e il commercialista. Nella denuncia abbiamo citato anche la delegata alla vendita la quale ha perentoriamente deciso di continuare a vendere gli immobili nonostante la somma depositata in tribunale fosse sufficiente per il pagamento del debito e soprattutto la quale ci ha negato l’accesso al fascicolo dicendoci chiaramente che avrebbe venduto tutto e che avremmo dovuto finirla di insistere. La delegata alla vendita continua a non rendicontare i pagamenti, le azioni e qualsiasi cosa riguardi la nostra procedura. Con questo scritto chiedo di essere ascoltata, chiediamo di essere ascoltati e aiutati visto che la nostra prima denuncia è stata archiviata con motivazioni inesistenti, sono in piedi le altre due in attesa di giudizio. Mancano molti particolari a questo racconto che siamo prontissimi a raccontare”.