È fissata questa mattina l’udienza di convalida del fermo del 65enne Giuseppe Lacarpia, accusato dell’omicidio premeditato della moglie, la 60enne Maria Arcangela Turturo, avvenuto nella notte tra domenica e lunedì dopo una festa di compleanno a Gravina. Fino a poche ore fa era ricoverato al Policlinico di Bari dopo aver tentato di togliersi la vita in carcere.
Secondo quanto ricostruito dall’accusa, l’uomo avrebbe tentato prima di bruciarla viva e poi di soffocarla con la forza dei suoi cento chili, rompendole le ossa della cassa toracica e strozzandole a mano nude, il cuore. Lei è morta dopo essere arrivata in ospedale e aver rivelato quanto le era accaduto. “Mi voleva uccidere”, ha sussurrato con un filo di voce prima di morire. A incastrarlo sono state le ultime parole proferite dalla vittima e un video lungo 15 secondi, in cui il delitto è stato registrato in tutta la sua efferatezza.
Secondo la sua ricostruzione, Lacarpia avrebbe tentato di salvare e non di uccidere la moglie, soffocandola nel tentativo di rianimarla. Questo verrà ribadito nell’udienza di oggi, sarà accompagnato da un nuovo avvocato dopo che il suo legale ha rinunciato all’incarico per difendere i suoi 4 figli nel processo. Troppi indizi però lo smentiscono. A partire dai graffi sul volto dell’uomo, segno della difesa della vittima, passando ai racconti della figlia sui maltrattamenti e sulle violenze del padre, fino all’autopsia eseguita ieri. “Sono presenti multiple lesività riconducibili ad azione contusiva ed in parte all’azione della fiamma – si legge nel primo referto – Integrando l’esito della preliminare ispezione cadaverica con il referto della Tac total body (plurime fratture costali anteriori scomposte ed incassate verso il parenchima, a partire dalla III costa anteriormente a destra e dalla II costa a sinistra. In quest’ultima sede le fratture costali determinano compressione sul cuore, frattura del corpo dello sterno che appare incassato verso il parenchima) è possibile ritenere che abbiano concorso il grave traumatismo antero-posteriore sterno-costale e la progressiva anemizzazione in paziente in terapia antiaggregante e anticoagulante”.
I Vigili del Fuoco hanno anche ipotizzato da una prima analisi che l’incendio della macchina sia stato doloso, con lo spargimento di una sostanza liquida infiammabile. Ulteriori elementi potrebbero arrivare dall’analisi della scatola nera dell’auto che non è stata fortunatamente distrutta dalle fiamme.