“Mi sento abbandonata. Faccio un appello alla Farnesina di seguire la triste vicenda di mio figlio. Aspettiamo da troppo tempo che sui fatti sia fatta piena luce”. Inizia così l’appello disperato di Angela Berni, mamma di Marcello Vinci, il 29enne di Fasano morto nella notte tra il 5 e il 6 marzo a Chengdu nella provincia di Sichuan in Cina. Il suo corpo è stato trovato senza vita per strada dopo una caduta dal 35esimo di un grattacielo. Le autorità cinesi hanno sempre parlato di suicidio, ma la famiglia ha escluso sin da subito questa ipotesi.
“Abbiamo appreso cose diverse da quelle comunicateci nei primi giorni dopo l’accaduto – racconta la mamma in un’intervista rilasciata al Corriere del Mezzogiorno -. Nel rapporto si dice che Marcello, alcuni giorni prima della tragedia, aveva conosciuto sui social un cinese di 45 anni il quale proprio quella sera lo ha invitato a casa sua. Qui deve essere successo qualcosa perché pare che mio figlio a un certo punto non si sia sentito bene e che quel signore gli abbia suggerito di far passare il malessere stendendosi sul letto. Stavano uno in una stanza e l’altro in una stanza diversa. Nel rapporto è scritto che, di colpo, ma non sappiamo l’ora, il cinese ha sentito un tonfo e il corpo era giù sul marciapiede. Quindi la caduta non è stata da casa di Marcello, ma dall’appartamento di quest’uomo. Dicono poi che il signore ha pulito tutta l’abitazione, quindi anche le impronte, ha preso tutte le sue cose e le ha nascoste. Poi ha chiamato i soccorsi e s’è nascosto in un armadio. Insomma un rapporto che aumenta la confusione. Nel rapporto è scritto che l’hanno fermato, trattenuto per quindici giorni e poi rilasciato. Ma non sappiamo perché».
L’autopsia sul corpo del 29enne non è stata ancora eseguita. “La polizia cinese non ha ancora deciso e non riusciamo ad avere il corpo qui. Tra l’altro ci sono stati chiesti 30 mila euro per riportarlo a casa – conclude -. I primi tempi eravamo in contatto con l’ambasciata, poi nulla, e neanche dalla Farnesina. Mi sento di impazzire. Tutto tace, nessuno ci dice qualcosa, mi sento abbandonata. Non so più cosa fare e la distanza non agevola le cose. Anche se andassi lì a Chengdu cosa potrei fare per cambiare lo stato dei fatti. Mi dicono che le indagini procedono, ma sono molto demoralizzata. Al grandissimo dolore della perdita di mio figlio si aggiunge l’amarezza di non sapere cosa sia effettivamente successo”.