Ad aprile scorso avevo scritto “Giornalismo al bivio, la riforma dei comunicati stampa e l’azzeramento delle fonti“. Uno spaccato di come Procure e rigidità della divisa abbiano ridotto a brandelli il giornalismo. L’impossibilità di raggiungere notizie in tempo reale, prima della tardiva uscita dei comunicati stampa, in alcuni casi illeggibili e privi di contenuti mediamente interessanti, sta aumentando in modo preoccupante. “La Procura non vuole”, è la frase che ci sentiamo ripetere come un mantra da carabinieri, poliziotti, vigili urbani, finanzieri e più in generale militari di ogni ordine e grado.
Le stesse Procure da dove fuggono notizie e carte rivolte solo a questo o quell’amico giornalista, di questa o quella testata di un certo apparente blasone. Testate destinate a scomparire perché senza quei rapporti non avrebbero altro di interessante da raccontare. Ma andiamo avanti e spieghiamo come ormai siamo arrivati al paradosso, a qualcosa che rasenta l’idiozia.
In questi giorni abbiamo pubblicato sulle pagine di quintopotere.it una notizia mentre ancora si stava cercando di capire cosa stesse succedendo. Niente di nuovo rispetto a ciò che facciamo tutti i giorni. Del resto è il nostro mestiere, quello di qualunque altro giornalista: pubblicare per primi e meglio notizie di interesse pubblico, qualunque sia il loro colore: giallo, rosa, nero, bianco.
Il fatto che si stesse ancora indagando sulla questione ha evidentemente mandato in tilt il “comandante” in questione, che ci ha fatto chiamare da un altro comandante, per essere certo che la fonte non fosse uno dei suoi uomini, perché esiste una gerarchia, ci sono delle regole intente, ma soprattutto perché i giornalisti devono avere tutti la stessa minestrina riscaldata, spesso due o tre giorni dopo l’accaduto. E può avere la notizia da dare in pasto ai lettori solo attraverso un comunicato stampa. Nessuna telefonata, nessun rapporto, fino a quando non si sarà deciso cosa dire e cosa no, come dirlo.
Siamo alla follia totale e il vero problema sta nel fatto che andrà sempre peggio. Riuscire a scrivere notizie di prima mano, verificate e certificate, sarà sempre più complicato per questo assurdo terrore che sta serpeggiando tra gli uomini in divisa, qualunque sia la divisa che indossano. I giornalisti? Chi vuole provare a tenere fede all’abc del mestiere deve essere cosciente del rischio maggiore a cui va incontro quando decide di fidarsi, dando seguito alle poche fonti capaci di anteporre a tutto questo i rapporti di fiducia e stima reciproca.
Editoriale
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