Siamo tornati a Turi dopo la rissa a bottigliate scoppiata ieri tra alcuni migranti, per continuare ad occuparci delle condizioni dei lavoratori impegnati nella raccolta delle ciliegie. La città sembra sotto scacco.
Nella prima puntata ci siamo recati direttamente nel campo allestito in città, questa volta l’accoglienza non è stata delle migliori, tra minacce e tanto silenzio. In pochi vogliono parlare e alla vista della nostra telecamera gli animi si sono riscaldati.
“Sono qui da 12 anni, la gente della rissa non è come noi – racconta un migrante -. Arrivano tanti irregolari, siamo tutti mischiati. Questo ci dà molto fastidio”. “È un fastidio per noi e per i cittadini di Turi”, aggiunge un altro.
Un problema che sembra riguardare tutte le generazioni dei turesi. “Stanno quelli bravi e quelli no. C’è chi ad esempio va cercando la rissa”, spiega un giovane ai nostri microfoni. “Siamo preoccupati per le nostre famiglie, non sono razzista, ma non possiamo più tollerare episodi del genere. Ci sono bambini e donne che vengono qui e poi succedono queste cose”, la testimonianza fornita invece da un anziano del posto.
C’è chi punta il dito contro gli imprenditori del posto, chi attacca il sindaco, chi invece se la prende con il reddito di cittadinanza e chi ammette che purtroppo i tempi sono cambiati e la raccolta delle ciliegie ormai è un lavoro per “pochi”.
“Il problema va affrontato seriamente. Non possiamo dare quest’immagine negativa di Turi, non dà dignità al Comune e ai produttori – spiega Angelo Palmisano, imprenditore del settore e consigliere di minoranza della città di Turi -. Avere questa macchiatura di sfruttamento non è una buona immagine per il prodotto e per il territorio. Ho ascoltato con molta attenzione il tuo reportage, sono rimasto molto deluso. Gli imprenditori di Turi non sfruttano nessuno, c’è un problema serio ed è quello della mancanza di manodopera”.
“Numeri alla mano siamo il primo paese produttore di ciliegie, se non ci fossero loro molte aziende chiuderebbero e non si riuscirebbe a raccogliere le ciliegie – continua -. Non ci sono più persone disposte a questo lavoro. La paga è di 50 euro per 6 ore, sfidatemi e trovatemi un imprenditore che non paga queste cifre. I contributi sono tutti versati. Era un problema che andava affrontato prima, dovremmo già sederci per parlare della futura raccolta. Un imprenditore poi non riesce a garantire vitto e alloggio, il reddito di cittadinanza ha poi ammazzato il mercato del lavoro. La gente non vuole lavorare se prende 800 euro stando a casa”.
“La situazione è ormai ai limiti dell’assistenza e della dignità dell’uomo. Non si può accogliere così una maestranza che ogni anno porta un valore aggiunto a questa comunità. La gente dorme tra topi e scarafaggi – aggiunge Vincenzo Abbinante, turese e console del Marocco in Puglia -. Vorrei chiedere scusa a tutta la comunità che oggi vive questi momenti. Martedì mi sono recato in ambasciata, l’ambasciatore ha preso già iniziative drastiche su quello che sta accadendo. Parliamo di un déjà-vu che ogni anno si ripresenta, non si risolve con le passerelle di questi giorni. Serve un progetto serio per evitare di ritrovarci nella stessa situazione nel 2023, va creata una cabina di regia. Questo è l’abc dell’accoglienza”.